Il genere Taraxacum comprende diversi gruppi apomittici, che cioè si riproducono sessualmente ma senza fecondazione, per cui le popolazioni locali sono geneticamente identiche, ed è quindi di difficile identificazione a livello di specie. Le entità della sezione Alpestria si caratterizzano per le squame involucrali dei capolini non riflesse, con cerosità grigia al margine, e i frutti scuri, e sono diffuse sulle Alpi e sugli Appennini. La distribuzione regionale sembra ristretta a pochissime stazioni nel settore alpino e nelle Prealpi Carniche, ma la presenza di specie di questa sezione in Friuli necessita di conferma. Le diverse entità tendono a crescere su suoli poco profondi senza ristagno d’acqua, anche in ambienti rupestri, dalla fascia subalpina a quella alpina, raramente anche più in basso. Le foglie delle giovani rosette sono commestibili da cotte. Il nome generico è di etimologia incerta: potrebbe derivare dal greco 'tarasso' (sanare, guarire) oppure dal persiano 'tarkhashqún' (da cui deriva l'arabo 'tarasacon') che significano 'erba amara', 'cicoria'. Forma biologica: emicriptofita rosulata. Periodo di fioritura: maggio-agosto. |