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distinguibile per il portamento slanciato e colonnare simile al cipresso. Il
nome generico, di etimologia incerta, era già in uso presso gli antichi
Romani, quello specifico allude alla corteccia più scura di quella di altre
specie congeneri. Forma biologica: fanerofita scaposa. Periodo di
fioritura: marzo-aprile.
55
Foglie a base troncata o cuoriforme
56
55
Foglie attenuate verso la base
60
56
Foglie opache di sopra. Frutto secco
57
56
Foglie un po' lucide di sopra. Frutto carnoso
58
57
Picciolo più breve di 3 cm, peloso-ghiandoloso. Arbusto
Corylus avellana L.
Il nocciolo è una specie europea con tendenza subatlantico-
submediterranea presente in tutta Italia dalla fascia submediterranea a
quella montana. È diffuso in tutta la nostra regione sino alla fascia
montana; in Carso è comune solo nei boschi di dolina e nei loro mantelli,
in cui è spesso dominante. Cresce nelle radure e nei mantelli di boschi di
latifoglie decidue, su suoli limoso-argillosi profondi, freschi, umiferi,
ricchi in basi e composti azotati. Le qualità alimentari della nocciola sono
note fin dall'antichità: sono un alimento energetico di grande valore e una
preziosa fonte di vitamine e minerali. L'industria dolciaria utilizza la
farina di nocciole per la produzione di nocciolati, torroni e pasta di
gianduia (creata quando Napoleone bloccò l'importazione delle spezie e si
verificò una penuria di cacao). L'alta capacità pollonifera ha favorito la
coltivazione come pianta ornamentale e da frutto. Il legno, ottimo
combustibile, è utilizzato anche per palerie. Il nome generico deriva dal
greco 'koris' (elmo), e allude alla forma dell'involucro erbaceo che ricopre
la nocciola; il nome specifico deriva da Avella, un centro campano nella
provincia di Avellino, noto fin dai tempi dei Romani per la produzione di
nocciole. Forma biologica: fanerofita cespitosa. Periodo di fioritura:
marzo-aprile.
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Picciolo più lungo di 3 cm, non peloso-ghiandoloso. Albero
Tilia cordata Mill.
Il tiglio selvatico è un albero europeo presente in tutta l'Italia continentale
salvo che in Puglia e forse in Umbria, con optimum nella fascia montana
inferiore. Nella nostra regione è diffuso dalla costa alla fascia montana,
con ampie lacune nella bassa pianura; in Carso è spesso coltivato nei
villaggi presso le chiese, ma non è raro anche allo stato spontaneo. Cresce
nei boschi freschi di latifoglie decidue su suoli limoso-argillosi profondi,
ricchi in basi, spesso alla base di pendii esposti a nord. I fiori e le brattee
sono usati in erboristeria per la preparazione di tisane calmanti ed
emollienti. Oggi i tigli (spesso in varietà ibridogene) riempiono gli spazi
di verde ritagliati nelle nostre città, poiché resistono bene
all'inquinamento atmosferico. I Romani utilizzavano la corteccia, tagliata
in strisce, seccata e successivamente macerata, per ricavarne delle fibre
usate nella fabbricazione di corde, tessuti e nella preparazione delle
'vincula tiliae', bende per fasciare le ferite. È una specie molto longeva,
che può vivere anche più di 1000 anni. Il nome generico, già in uso presso
i Romani, deriva dal greco 'ptilon' (ala), in riferimento alla brattea del
peduncolo fruttifero che funge da ala durante la disseminazione facilitata
dal vento; quello specifico significa 'cuoriforme' ed allude alla forma delle
foglie. Forma biologica: fanerofita cespitosa/fanerofita scaposa. Periodo
di fioritura: maggio-giugno.
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Frutto a forma di pera. Fiori con petali.
Pyrus communis L.
Il pero comune deriva forse da incroci fra il pero selvatico europeo ed un
pero dell'Asia Occidentale (
P. communis
subsp.
caucasica
). Ampiamente
coltivato in tutta Italia, compresa la nostra regione, sino alla fascia
montana, è sporadicamente rinselvatichito nelle siepi che delimitano
antiche proprietà. Le forme selvatiche, che secondo alcuni autori non