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Foglie con odore aromatico se sfregate tra le dita, con al massimo 7 foglioline
Juglans regia L.
Il noce è un albero originario dell'Europa meridionale ed Asia occidentale,
introdotto nel resto dell'Europa già nel Neolitico (archeofita) e spesso
subspontaneo in quasi tutta l'Italia, dal livello del mare ai 1200 m circa.
Nella nostra regione è diffuso dalla costa alla fascia montana; in Carso è
abbastanza comune, quasi mai allo stato arboreo. Cresce in boschi e
boscaglie disturbati, su suoli limoso-argillosi profondi, umiferi e freschi. Il
legno, di colore bruno scuro, è pesante, durevole e con belle venature, ed è
impiegato nella fabbricazione di mobili di pregio. Con il mallo di frutti
acerbi, da raccogliere tradizionalmente il 24 giugno, giorno di San
Giovanni Battista, si prepara il liquore 'nocino'. I semi sono largamente
utilizzati nell'alimentazione umana e da essi si ricava un olio alimentare
impiegato anche nelle industrie di vernici, di colori e in profumeria. Le
radici contengono lo juglone, una sostanza che può avvelenare gli alberi
circostanti. Può vivere fino ai 600 anni e il suo tronco può raggiungere i 2
m di diametro. Il nome generico deriva dal latino 'Jovis glans' (ghianda di
Giove); quello specifico significa 'regale' ed allude anch'esso a Giove, il re
degli dei. Forma biologica: fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: aprile-
maggio.
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Foglie senza odore aromatico, con più di 7 foglioline
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Foglioline a margine dentato. Fiori a simmetria raggiata. Frutto carnoso
Sorbus aucuparia L. s.l.
Specie europea piuttosto polimorfa, presente in tutte le regioni d'Italia con
tre sottospecie. La distribuzione regionale si estende su tutte le aree
montuose del Friuli. Cresce in boschi montani (soprattutto faggete ed
abetine) e subalpini, come nei cespuglieti a rododendro delle Alpi, con
optimum nelle fasce montana e subalpina. È frequentemente coltivata a
scopo ornamentale lungo le vie, soprattutto nei centri montani. I frutti
possono essere impiegati nella preparazione di gelatine, marmellate e salse,
ma possono essere tossici se consumati crudi; i semi infatti contengono
amigdalina (derivato cianidrico). Un colorante nero è ottenuto dai rami
giovani. Il legno è pregiato, duro, compatto ed elastico, e trova impiego per
lavori di ebanisteria, costruzione di slitte, tornitura, intaglio; è anche
impiegato per strumenti musicali (flauti) e nell'industria del mobile. Come
combustibile dà buona legna da ardere. Il nome generico, già in uso presso
i Romani, potrebbe derivare da due termini celtici che significano 'aspro' e
'mela'; il nome specifico in latino ha lo stesso significato di quello italiano
('degli uccellatori'); essendo i frutti appetiti dalla piccola avifauna
migratoria, vengono utilizzati negli appostamenti fissi per l'uccellagione.
Forma biologica: fanerofita cespitosa. Periodo di fioritura: maggio-giugno.
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Foglioline a margine non dentato. Fiori a simmetria bilaterale. Frutto secco (legume)
Robinia pseudoacacia L.
Specie di origine nordamericana, introdotta a Parigi dal Canada nel 1601 e
poi diffusasi ampiamente in Europa con tendenza submediterraneo-
continentale. In Italia è comunissima in tutte le regioni. Nella nostra
regione è ampiamente diffusa dalla costa ai fondovalle del settore alpino; in
Carso è comune ovunque. Cresce sempre in ambienti disturbati come
scarpate, margini stradali, boschetti presso gli abitati e le linee ferroviarie,
su suoli da freschi a subaridi, con il sambuco nero e varie specie nitrofile
ruderali, dal livello del mare alla fascia montana. È una pianta rustica e a
rapido accrescimento, che tende a soppiantare la vegetazione locale
divenendo spesso invasiva. Viene spesso usata a scopo ornamentale per il
fogliame e la fioritura; il legno, resistente alle intemperie, è utilizzato per
palerie e come combustibile; i semi, la scorza e le radici contengono
sostanze tossiche. È un'ottima pianta mellifera il cui miele (miele d'acacia)
si mantiene fluido senza cristallizzare. I fiori sono utilizzati in erboristeria
ed in alcune regioni italiane vengono mangiati fritti. Il genere è dedicato a
Jean Robin (1550-1629), erborista di re Enrico IV di Francia, nel cui