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doline. Cresce in boschi maturi di latifoglie decidue, su suoli argillosi
profondi, molto freschi ed umiferi. Il legname è di difficile
lavorazione perché a fibre contorte, duro e tenace; viene impiegato
nella fabbricazione di arnesi sottoposti a sforzo (manici, ruote dentate,
denti di rastrello, ecc.). Il carbone, un tempo, era impiegato in modo
speciale per preparare la 'polvere da schioppo'. Dalla corteccia si
ricavano principi tintori usati per colorare in giallo ed in bruno le sete,
le lane ed il cotone. Le foglie, sia fresche che secche, forniscono un
buon foraggio per ovini e suini. Viene anche utilizzato a scopo
ornamentale, soprattutto perché si presta alla formazione di dense
siepi. Il nome generico era già utilizzato dagli antichi Romani; quello
specifico allude alle foglie vagamente simili a quelle della betulla.
Forma biologica: fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: maggio-
giugno.
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Foglie con larghezza massima nella metà basale, con più di 14 coppie di nervi. Ala del
frutto intera
Ostrya carpinifolia Scop.
Il carpino nero è un albero submediterraneo-pontico presente in tutte
le regioni d'Italia salvo che in Valle d'Aosta. La distribuzione
regionale si estende dalle coste al settore alpino, con una lacuna nella
bassa pianura dovuta alla distruzione dei boschi; in Carso è
abbondantissimo ovunque. Cresce in boschi e boscaglie di latifoglie
decidue, su suoli ben drenati sia calcarei che marnoso-arenacei, da
molto primitivi e ricchi in scheletro a piuttosto evoluti come negli
aspetti più freschi delle boscaglie, dal livello del mare alla fascia
montana inferiore, con optimum nella fascia submediterranea. Il
maggior impiego era quello come combustibile, sia come legna da
ardere che di carbone; per questo veniva governato a ceduo da cui si
ottenevano anche pali per sostenere le viti. Il legname, pur essendo
poco durevole, era apprezzato per l'elasticità e la fibratura, ed usato
per la costruzione di attrezzi o pezzi di macchinari soggetti a sforzo.
Un uso particolare era la produzione di bottoni. Con la corteccia si
tingevano i tessuti stabilmente ed in varie tonalità di arancione, rosso e
rosa. In alcune regioni italiane le foglie sono impiegate per
l'alimentazione del bestiame. Il nome generico in greco significa
'ostrica', per la forma a valva delle brattee che racchiudono i semi,
quello specifico allude alla somiglianza delle foglie con quelle del
carpino bianco. Forma biologica: fanerofita cespitosa. Periodo di
fioritura: aprile-maggio.
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Foglie lucide di sopra
Pyrus communis L.
Il pero comune deriva forse da incroci fra il pero selvatico europeo ed
un pero dell'Asia Occidentale (
P. communis
subsp.
caucasica
).
Ampiamente coltivato in tutta Italia, compresa la nostra regione, sino
alla fascia montana, è sporadicamente rinselvatichito nelle siepi che
delimitano antiche proprietà. Le forme selvatiche, che secondo alcuni
autori non meritano nemmeno il rango infraspecifico, crescono su
suoli argillosi freschi, sciolti, ricchi in basi. È una pianta abbastanza
rustica che si adatta bene a tutti i tipi di terreno, predilige posizioni
soleggiate e può vivere circa 200 anni. La potatura viene effettuata
solo per migliorare la produttività, mentre non influisce sull'estetica. Il
legno, pesante, duro e compatto, viene usato nella costruzione di
oggetti di precisione come righelli o squadre. La coltivazione a scopo
alimentare risale a tempi antichissimi. Fu citato da Omero, mentre
nelle Bucoliche Virgilio sprona Melibeo a innestare i peri,
dimostrando l'uso consolidato di questa pratica. Dal XIX secolo sono
state prodotte cultivar di qualità e oggi esistono migliaia di varietà; i
frutti possono essere consumati freschi, cotti e utilizzati per fare
marmellate. Il nome generico deriva dal greco 'pyr, pyròs' (fuoco, del
fuoco), per la forma conica dei frutti. Forma biologica: fanerofita
scaposa. Periodo di fioritura: aprile-maggio.