25 Foglie a base troncata o cuoriforme
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25 Foglie a base non troncata né cuoriforme
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26 Foglie a margine intero. Fiori con petali. Frutto secco
Cercis siliquastrum L. subsp. siliquastrum
Area d'origine:
Mediterraneo orientale.
Miti e leggende:
Questo piccolo albero
deciduo, la cui tipica fioritura primaverile
compare sulla pianta priva di foglie, è legato
ad una leggenda cristiana. Secondo la
leggenda sotto questo albero Giuda Iscariota
diede il bacio a Gesù per indicarlo ai
centurioni romani venuti ad arrestarlo. Più
tardi, pentito, Giuda si impiccò allo stesso
albero. Da quel giorno il tronco dell'albero
divenne
contorto,
i
suoi
fiori
simboleggiarono le lacrime di Cristo e il loro
colore la vergogna di Giuda. Altre leggende
però attribuiscono ad altri alberi la scelta di
Giuda: la rosa canina, i cui semi in Germania
sono chiamati 'bacche di Giuda'; il fico selvatico, che da allora non riesce a portare a maturazione i suoi
frutti; il carrubo selvatico, che i siciliani chiamano 'arvulu di Giuda'.
Etimologia:
Il termine generico deriva dal greco 'kerkis' = navetta da tessitore, in riferimento alla forma
del baccello. Il termine specifico deriva da 'siliqua', che in latino significa 'carruba', con l'aggiunta del
suffisso 'astrum' che ha significato deprezzativo, per i semi simili alle carrube ma di minore qualità. La
pianta era, in passato, nota anche con l'epiteto di 'Albero di Giudea', in riferimento all'area d'origine della
specie.
26 Foglie a margine dentato o lobato. Fiori senza petali. Frutto carnoso
Morus nigra L.
Area d'origine:
Asia centrale e orientale
Miti e leggende:
Il Gelso, noto per la bontà
dei suoi frutti, come testimoniato da Plinio il
Vecchio e Ovidio, già noti ai Romani, venne
introdotto, dalla Grecia in Italia nel XII
secolo, dal normanno Ruggero di Sicilia; in
breve la coltivazione di questa pianta si
diffuse in tutta la penisola italica. Nelle
metamorfosi Ovidio racconta la drammatica
storia di due giovani babilonesi: Piramo e
Tisbe. I due giovani si amavano teneramente
di nascosto perchè le famiglie contrastavano
la loro unione, così trovavano riparo presso
una fonte all'ombra di un albero di gelso. Un
giorno la giovane innamorata, Tisbe, arrivata
per prima alla fonte, se ne allontanò spaventata dalla presenza di una leonessa, lasciando cadere durante
la fuga il velo che usava per coprirsi. La leonessa lacerò il velo sporcandolo del sangue di una preda che
aveva precedentemente uccisa. Poco dopo arrivò il giovane, Piramo, che trovando il velo si convinse che
Tisbe fosse morta e, disperato, si trafisse il cuore. Il suo sangue ricoprì le more del gelso. Quando Tisbe
tornò, rendendosi conto di quanto era accaduto, condannò l'albero a portare per sempre quei frutti scuri in
segno di lutto, per ricordare il sangue degli amanti che li avevano macchiati, poi si trafisse il cuore con la
stessa spada usata da Piramo. Da allora i frutti del moro nero, quando maturano, assumono un colore