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Specie a larga diffusione euroasiatica, dalla penisola iberica ed isole
britanniche fino alla Siberia; si spinge a nord fino ad oltre il 70°
parallelo, mentre nella zona mediterranea si trova solo a quote
montane e per lo più sporadica. In Italia è presente nelle regioni
settentrionali. Predilige di norma suoli poveri di calcio, freschi e
ricchi di acqua. La polvere, l'infuso e la tintura della corteccia,
contenente amigdalina, hanno proprietà antispasmodiche,
astringenti, febbrifughe, diuretiche e diaforetiche. In Scozia si ricava
un vino dalla fermentazione dei frutti. Il nome generico, già in uso
presso i Romani, è di etimologia incerta; quello specifico è il nome
latino del fiume Po. Forma biologica: fanerofita cespitosa/fanerofita
scaposa. Periodo di fioritura: maggio-giugno.
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Fiori e frutti non disposti in racemi pendenti
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Ovario semi-infero, visibile sul fondo di un ricettacolo scavato a coppa. Frutto contenente
un solo seme
Prunus cerasifera Ehrh.
Il mirabolano è una specie originaria dell'Asia occidentale,
introdotta in Italia già dai Romani, che ne apprezzavano i frutti.
Nell'Italia continentale si è ampiamente spontaneizzato, divenendo
in qualche caso un arbusto invadente, dal livello del mare agli 800 m
circa. Attualmente la sua coltivazione come albero da frutto ha perso
importanza; viene invece ampiamente utilizzato come portainnesto
per altre specie di
Prunus
da frutto, ed è anche impiegato a scopo
ornamentale lungo le strade o nei giardini, soprattutto nelle varietà a
foglie arrossate, per le sue precoci fioriture. Può vivere fino a 80
anni. Il nome generico, già in uso presso i Romani, è di etimologia
incerta; quello specifico allude alla somiglianza dei frutti con quelli
del ciliegio ('cerasus', nome dato dai Romani all'amarena e che
deriva da Cerasunte, località presso il Mar Nero). Forma biologica:
fanerofita cespitosa/fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: marzo-
aprile.
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Ovario infero, completamente circondato dal ricettacolo.
Frutto contenente più semi
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Foglie lucide di sopra. Antere rosse. Stili liberi. Frutto a forma di pera
Pyrus communis L.
Il pero comune deriva forse da incroci fra il pero selvatico europeo
ed un pero dell'Asia Occidentale (
P. communis
subsp.
caucasica
).
Ampiamente coltivato in tutta Italia sino alla fascia montana, è
sporadicamente rinselvatichito nelle siepi che delimitano antiche
proprietà. Le forme selvatiche, che secondo alcuni autori non
meritano nemmeno il rango infraspecifico, crescono su suoli
argillosi freschi, sciolti, ricchi in basi. È una pianta abbastanza
rustica che si adatta bene a tutti i tipi di terreno, predilige posizioni
soleggiate e può vivere circa 200 anni. La potatura viene effettuata
solo per migliorare la produttività, mentre non influisce sull'estetica.
Il legno, pesante, duro e compatto, viene usato nella costruzione di
oggetti di precisione come righelli o squadre. La coltivazione a
scopo alimentare risale a tempi antichissimi. Fu citato da Omero,
mentre nelle Bucoliche, Virgilio sprona Melibeo a innestare i peri,
dimostrando l'uso consolidato di questa pratica. Dal XIX secolo
sono state prodotte cultivar di qualità e oggi esistono migliaia di
varietà; i frutti possono essere consumati freschi, cotti e utilizzati per
fare marmellate. Il nome generico deriva dal greco 'pyr, pyròs'