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es. in Friuli) i rami legnosi venivano usati dai ragazzi come
succedaneo delle sigarette (in friulano: 'cincinis'), uso da sconsigliare
assolutamente a causa della loro tossicità. Il nome generico deriva dal
greco 'klematis', diminutivo di 'klêma' (tralcio di vite), in riferimento
al portamento della pianta. Il nome specifico deriva dal latino 'vitis
alba' (vite bianca), per il colore dei fiori. Forma biologica: fanerofita
lianosa. Periodo di fioritura: maggio-luglio.
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Foglie intere ma lobate
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Foglie composte o intere ma non lobate
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Foglie con 3 lobi principali. Fiori bianchi. Frutto carnoso
Viburnum opulus L.
Il viburno palla di neve è spontaneo in Europa, Asia e Africa nord-
occidentale. È presente in quasi tutta l'Italia continentale, salvo che in
Puglia, Calabria e forse Valle d'Aosta, ma è più diffuso nelle regioni
settentrionali. La distribuzione regionale si estende su tutto il territorio
salvo che sul Carso triestino. Cresce in boschi umidi alveali, pioppete,
siepi, dal livello del mare ala fascia montana inferiore. È una pianta
rustica e facile da coltivare, molto utilizzata per la formazione di siepi
in interventi di rinaturalizzazione e per scopi ornamentali; in questo
caso è ampiamente coltivata la cultivar 'roseum', con infiorescenze
globose costituite interamente da fiori sterili. Tutte le parti della
pianta, compresi i frutti, sono tossiche. Il nome del genere è molto
antico e di etimologia incerta: potrebbe derivare dal latino 'viere'
(legare, intrecciare), con allusione alla flessibilità dei rami di alcune
specie, utilizzati un tempo per costruire ceste, oppure da 'vovorna' (dei
luoghi selvatici); il nome specifico era utilizzato dai Romani per
indicare un acero, probabilmente l'acero campestre, localmente
chiamato tuttora 'opi', ed allude alla somiglianza delle foglie lobate
con quelle dell'acero. Forma biologica: fanerofita cespugliosa. Periodo
di fioritura: maggio-giugno.
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Foglie con 5 lobi principali. Fiori verdastri. Frutto
secco, alato
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Foglie più brevi di 10 cm. Ali del frutto formanti una T rispetto al peduncolo
Acer campestre L.
L'acero campestre è una specie europeo-asiatica occidentale presente
in tutta Italia (in Sardegna come avventizia) sino alla fascia montana
inferiore. È diffuso in tutta la nostra regione ed è comune in Carso.
Cresce in boschi misti di latifoglie decidue, soprattutto ai loro margini,
a volte nelle siepi. Predilige suoli calcarei, ma ha un'ampia valenza
ecologica. Resiste all'inquinamento ed alla siccità e sopporta le
potature; è una pianta molto rustica impiegata per siepi, molto
decorativa soprattutto in autunno grazie alla colorazione, di un giallo
intenso, delle foglie in procinto di cadere. Il legno, duro, compatto e
omogeneo si presta alla costruzione di attrezzi agricoli, piccoli oggetti
ed è un buon combustibile. Capitozzato a circa 3 m di altezza, è stato
largamente impiegato come tutore vivo della vite nella classica
piantata che ha contraddistinto per secoli il paesaggio della Pianura
Padana. Può vivere 150-200 anni. Il nome generico era già in uso
presso i Romani, e deriva dal latino 'acer' (appuntito, acuto, duro,
aspro), forse per la forma dei denti fogliari di
A. platanoides
, oppure
in riferimento al fatto che il legno di alcune specie europee, molto
compatto ed elastico, era usato per la fabbricazione di lance; il nome
specifico allude al fatto che la pianta è un importante costituente delle
siepi che delimitano i campi. Forma biologica: fanerofita scaposa.
Periodo di fioritura: aprile-maggio.
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Foglie più lunghe di 10 cm. Ali del frutto formanti una V rispetto al peduncolo
Acer pseudoplatanus L.
L'acero di monte è un albero europeo-asiatico occidentale presente in
tutta Italia (in Sardegna come avventizio) dalla fascia submediterranea
a quella montana. Nella nostra regione è diffuso dalla costa alla fascia