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Il nocciolo è una specie europea con tendenza subatlantico-
submediterranea presente in tutta Italia dalla fascia
submediterranea a quella montana. Cresce nelle radure e nei
mantelli di boschi di latifoglie decidue, su suoli limoso-argillosi
profondi, freschi, umiferi, ricchi in basi e composti azotati. Le
qualità alimentari della nocciola sono note fin dall’antichità:
sono un alimento energetico di grande valore e una preziosa
fonte di vitamine e minerali. L'industria dolciaria utilizza la
farina di nocciole per la produzione di nocciolati, torroni e pasta
di gianduia (creata quando Napoleone bloccò l'importazione
delle spezie e si verificò una penuria di cacao). L'alta capacità
pollonifera ha favorito la coltivazione come pianta ornamentale
e da frutto. Il legno, ottimo combustibile, è utilizzato anche per
palerie. Il nome generico deriva dal greco 'koris' (elmo), e
allude all'involucro erbaceo che ricopre la nocciola; il nome
specifico deriva da Avella, un centro campano nella provincia
di Avellino, noto fin dai tempi dei Romani per la produzione di
nocciole. Forma biologica: fanerofita cespitosa. Periodo di
fioritura: marzo-aprile.
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Foglie semplicemente dentate. Picciolo senza peli
ghiandolari. Frutto carnoso
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Fiori senza petali. Frutto a mora
Morus alba L.
Il gelso bianco, originario dell'Asia orientale, è stato introdotto
in Europa probabilmente nel XII secolo per l'allevamento del
baco da seta che lo preferisce al gelso nero. La presenza in Italia
è documentata dal 1434. È ampiamente coltivato nella zona
submediterranea, ed è segnalato come specie avventizia in quasi
tutta Italia. Cresce in filari, siepi, ai margini degli abitati. I frutti
sono commestibili, anche se quasi mai appaiono sul mercato per
la loro breve durata. Il nome generico è quello utilizzato dagli
antichi Romani per indicare il gelso nero, pianta da loro già
conosciuta perché originaria dell'Asia Minore; deriva a sua
volta dal greco antico 'meros' (parte), in riferimento
all'infruttescenza formata da tanti piccoli frutti con involucro
carnoso; il nome specifico si riferisce sempre ai frutti ma questa
volta al loro colore prevalente (esistono anche forme a frutti
rosa o violetti, che possono generare confusione col gelso nero).
Forma biologica: fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: aprile-
maggio.
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Fiori con petali. Frutto diverso da una mora
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Ovario infero, completamente circondato dal ricettacolo. Frutto contenente più semi
(pera)
Pyrus communis L.
Il pero comune deriva forse da incroci fra il pero selvatico
europeo ed un pero dell'Asia Occidentale (
P. communis
subsp.
caucasica
). Ampiamente coltivato in tutta Italia, sino alla fascia
montana, è sporadicamente rinselvatichito nelle siepi che
delimitano antiche proprietà. Le forme selvatiche, che secondo
alcuni autori non meritano nemmeno il rango infraspecifico,
crescono su suoli argillosi freschi, sciolti, ricchi in basi. È una
pianta abbastanza rustica che si adatta bene a tutti i tipi di
terreno, predilige posizioni soleggiate e può vivere circa 200