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Specie eurasiatica presente in tutta Italia al di sotto della fascia
montana superiore, con optimum nella fascia submediterranea. Entra
nello strato arbustivo dei boschi termofili rarefacendosi a partire
dalle faggete; l'optimum è nei mantelli e nelle siepi, su suoli argillosi
piuttosto freschi, ricchi in basi e composti azotati, con specie di
mantello quali Acer campestre, Ligustrum vulgare, Rosa canina etc.
Il nome generico deriva dal greco 'eu' (buono) e 'onoma' (nome),
cioè pianta con buona fama, in senso ironico a causa della velenosità
dei frutti per il bestiame. I semi sono tossici (evonina) ed erano usati
come drastico purgante. Dal legno della fusaggine nel medioevo si
ottenevano fusi per filare la lana; i frutti e la corteccia erano
utilizzati per le proprietà emetiche, purganti e insetticide: in passato
la polvere dei frutti seccati e macinati veniva usata per combattere i
pidocchi e un decotto di frutti e corteccia veniva usato contro la
rogna. L’altro nome comune col quale viene indicato, berretta del
prete, è legato alla caratteristica forma del frutto. All’Orto Botanico
sono presenti due piccoli esemplari di fusaggine, entrambi con
portamento arboreo (in Euonymus europaeus il portamento arboreo
è più raro di quello arbustivo-cespuglioso); un esemplare si trova
nell’angolo Nord dell’Orto, l’altro nell’aiuola a Sud, vicino a viale
Caduti in Guerra.
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Foglie sempreverdi, coriacee
59
58
Foglie decidue, non coriacee
63
59
Foglie con picciolo lungo al massimo 3 mm. Fiori e frutti disposti all'ascella delle foglie
Buxus sempervirens L.
Buxus sempervirens è originario dell’Europa e di alcune regioni
dell’Africa settentrionale e dell’Asia occidentale. Cresce spontaneo
in molti boschi dell’Italia centro-settentrionale, dalle zone di pianura
a quelli collinari e montane fino a 600-800 metri. Ha un legno di
colore giallo, molto duro, elastico e compatto che si presta bene per
lavori al tornio e d’intarsio, per costruire stampi e piccoli strumenti.
Tutta la pianta contiene un alcaloide tossico di nome ciclobuxina. Il
bosso si presta molto alla potatura periodica, ed essendo
sempreverde è spesso utilizzato per realizzare siepi sagomate.
Utilizzato nei giardini degli antichi romani in forme complesse e
fantasiose, scolpite dalla cosiddetta 'ars topiaria', si ritrova
immancabilmente nei giardini monastici e nel classico giardino
all’italiana dal Rinascimento in poi. Il nome generico deriva dal
greco ‘pyxis’, che significa ‘vasetto’ perchè il legno era utilizzato
per fabbricare piccoli contenitori per farmaci; presso gli antichi greci
la pianta era chiamata 'pyxos'; il nome specifico, di origine latina,
significa 'sempreverde'. All’Orto Botanico è presente una siepe
potata molto bassa che cinge tutta la parte alta della Montagnola,
dalla sommità fino alla parte più pianeggiante ubicata a meridione.
Sulla sommità della Montagnola si trova anche un altro esemplare,
non topiato, che ha assunto il caratteristico portamento arbustivo con
chioma globosa molto densa e compatta.
59
Foglie con picciolo più lungo di 3 mm. Fiori e frutti non
disposti all'ascella delle foglie
60
60
Foglie chiaramente pelose almeno di sotto. Fiori e frutti disposti in corimbi ombrelliformi
Viburnum tinus L. subsp. tinus