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(rimangono stopposi); in realtà si tratta di individui con funzione maschile,
i loro siconi, cioè, contengono sia fiori maschili sia fiori femminili a stilo
breve, che per tale motivo non impediscono a
Blastophaga
di raggiungerli
e trasformarli in galle per la deposizione delle uova. Quindi il caprifico è
unicamente donatore di quel polline che viene poi trasportato dall'insetto
quando va a visitare altri siconi. Nei siconi di altre piante (fichi 'femmina'),
l'imenottero trova unicamente fiori femminili, questa volta in maggioranza
a stilo lungo, tali cioè da impedirgli di raggiungere gli ovari per pungerli e
deporvi le uova e nel contempo tali da costringerlo a urtare gli stigmi
lasciandovi attaccati i granuli di polline involontariamente raccolti nelle
visite al caprifico. A questo punto si innesca lo sviluppo di frutti normali
(acheni con seme all'interno) e la contemporanea trasformazione del
siconio in un corpo carnoso e zuccherino (i semi verranno dispersi per via
endozoica). La fioritura di inizio primavera garantisce un'impollinazione
delle piante 'femminili', mentre le successive fioriture, specialmente la
seconda, possono sviluppare sulle stesse fichi in prevalenza partenocarpici,
quali si ritrovano in molte cultivar selezionate appunto per essere
autosufficienti; in questi siconi 'da tavola' gli acheni sono guscetti vuoti
senza seme, ma vi si possono trovare pure fiori a stilo breve trasformati in
galle dalla
Blastophaga
, riconoscibili come pallini più grandi. La
disseminazione avviene soprattutto a opera di uccelli e micromammiferi. Il
nome generico deriva dalla medesima radice indoeuropea del greco 'sýkos'
(fico), quello specifico allude alla Caria, regione della Turchia donde si
riteneva provenire la pianta. Forma biologica: fanerofita scaposa. Periodo
di fioritura: febbraio-marzo (maturazione: giugno-luglio); maggio-giugno
(maturazione: luglio-ottobre); settembre (maturazione: dicembre-aprile).
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Piante non laticifere
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Foglie penninervie. Frutto a ghianda
Quercus robur L. subsp. robur
La farnia è un albero dell'Europa centro-meridionale presente in tutte le
regioni dell'Italia continentale. La distribuzione regionale si estende dalla
costa ai fondovalle del settore alpino, ma la specie è più frequente nella
bassa pianura friulana. Cresce in boschi planiziali, su terreni profondi e
molto freschi, con optimum nella fascia submediterranea. Viene coltivata
per rimboschimenti e per il legname pregiato utilizzato per travi,
costruzioni navali, mobili, scale, parquet, etc. Con il termine 'rovere di
Slavonia', il legno di farnia è utilizzato per costruire doghe delle botti
destinate all'invecchiamento di vini pregiati e cognac. Un tempo le ghiande
erano largamente usate per l'alimentazione dei maiali. È una pianta a
crescita lenta ma molto longeva; si conoscono esemplari di circa 1000 anni.
Il nome generico, già in uso presso gli antichi, sembra ricollegarsi alla
radice indoeuropea che il latino condivide con le parole celtiche 'kaer' e
'quer” (bell'albero), cioè 'l'albero per eccellenza', ma anche con analoghi
termini greci riferiti alla rudezza del legno delle piante appartenenti a
questo genere; quello specifico è un termine latino che significa 'duro',
'resistente', 'robusto'. Forma biologica: fanerofita scaposa. Periodo di
fioritura: aprile-maggio.
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Foglie palminervie. Frutto diverso da una ghianda
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Foglie verdi di sopra, bianco-pelose di sotto
Populus alba L.
Il pioppo bianco è un albero a distribuzione paleotemperata presente in
tutta Italia al di sotto della fascia montana inferiore. Nella nostra regione è
concentrato nella parte meridionale, con singole stazioni nei fondovalle
delle Alpi; in Carso è abbastanza diffuso ma comune solo nelle aree umide
presso la costa. Forma boschetti, a volte lungo corsi d'acqua ed in aree
palustri, su suoli limoso-argillosi profondi e ricchi in basi, a volte
periodicamente sommersi. Dal legno si ottiene un'ottima pasta da carta; è
impiegato anche nella fabbricazione di fiammiferi, compensati, truciolati. Il
portamento maestoso lo rende adatto a scopo ornamentale per parchi e
giardini. Il nome generico, di etimologia incerta, era già in uso presso gli
antichi Romani; il nome specifico deriva dal latino 'albus' (bianco) e allude