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tutta Italia (in Sardegna come avventizia) sino alla fascia montana inferiore.
Cresce in boschi misti di latifoglie decidue, soprattutto ai loro margini, a
volte nelle siepi. Predilige suoli calcarei, ma ha un'ampia valenza
ecologica. Resiste all
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inquinamento ed alla siccità e sopporta le potature; è
una pianta molto rustica impiegata per siepi, molto decorativa soprattutto in
autunno grazie alla colorazione, di un giallo intenso, delle foglie in procinto
di cadere. Il legno, duro, compatto e omogeneo si presta alla costruzione di
attrezzi agricoli, piccoli oggetti ed è un buon combustibile. Capitozzato a
circa 3 m di altezza, è stato largamente impiegato come tutore vivo della
vite nella classica piantata che ha contraddistinto per secoli il paesaggio
della Pianura Padana. Può vivere 150-200 anni. Il nome generico era già in
uso presso i Romani, e deriva dal latino 'acer' (appuntito, acuto), forse per
la forma dei denti fogliari di
A. platanoides
, oppure in riferimento al fatto
che il legno di alcune specie europee, molto compatto ed elastico, era usato
per la fabbricazione di lance; il nome specifico allude al fatto che la pianta
è un importante costituente delle siepi che delimitano i campi. Forma
biologica: fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: aprile-maggio.
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Foglie più lunghe di 10 cm. Ali del frutto formanti un angolo acuto con il peduncolo
Acer pseudoplatanus L.
L'acero di monte è un albero europeo-asiatico occidentale presente in tutta
Italia (in Sardegna come avventizio) dalla fascia submediterranea a quella
montana. Cresce in boschi freschi, soprattutto di forra, e colonizza anche i
percorsi delle slavine contribuendo alla ricostituzione del bosco. Il legno,
duro ed elastico, è il più pregiato tra quello degli aceri, per cui questo
albero è spesso coltivato in impianti di arboricoltura da legno, che viene
impiegato per fabbricare tavole, parquet, strumenti musicali, sculture e
lavori al tornio. È una specie molto utilizzata anche a scopo ornamentale,
ha vita media superiore ai 2-3 secoli, ma si conoscono esemplari che
superano i 500-600 anni. Il nome generico era già in uso presso i Romani, e
deriva dal latino 'acer' (appuntito, acuto), forse per la forma dei denti
fogliari di
A. platanoides
, oppure in riferimento al fatto che il legno di
alcune specie europee, molto compatto ed elastico, era usato per la
fabbricazione di lance; il nome specifico allude alla somiglianza delle
foglie con quelle del platano. Forma biologica: fanerofita scaposa. Periodo
di fioritura: aprile-maggio.
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Pianta con rami terminanti in spine. Fiori arancioni
Punica granatum L.
Il melograno è originario delle regioni asiatiche sud-occidentali come
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Iran, ma si è diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo, ove si è a volte
naturalizzato, dal livello del mare agli 800 m. È segnalato come specie
avventizia in quasi tutta Italia, salvo che in Valle d'Aosta e Sicilia. Viene
coltivato per il frutto edule, o come pianta ornamentale nei giardini, grazie
alla spettacolare fioritura estiva rosso-aranciata; ne esistono varietà solo da
fiore e una varietà nana, molto utilizzata per composizioni verdi. Sin
dall'antichità vengono attribuiti al melograno numerosi significati
simbolici: nella mitologia un frutto di melograno fu donato da Paride a
Venere; nella tradizione ebraica e cristiana è simbolo di speranza, fertilità
ed eternità. Ha diversi utilizzi: dal succo del frutto si ricava la granatina,
uno sciroppo fermentato per produrre cordiali, dolciumi e marmellate; la
scorza e i fiori sono impiegati in medicina per le proprietà astringenti; il
tannino è utilizzato nella concia delle pelli. Il nome generico deriva da
'punicus', che indicava al tempo degli antichi Romani la provenienza dei
frutti dalla regione costiera della Tunisia, dove si trovava Cartagine; il
nome specifico allude alla presenza dei numerosi semi dal rivestimento
rosso all'interno del frutto, simili a granati. Forma biologica: fanerofita
scaposa. Periodo di fioritura: aprile-giugno.
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Piante senza spine. Fiori di altro colore
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