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Tilia x europea
L., che deriva dall'incrocio tra due specie selvatiche
T.
cordata
e
T. platyphyllos
e che presenta caratteri intermedi tra le due
specie, ma esistono anche ibridi che coinvolgono specie non europee,
soprattutto
T. americana
L., e che spesso vengono designati con il nome
collettivo di
'Tilia hybrida'
. Il nome generico, già in uso presso i Romani,
deriva dal greco 'ptilon' (ala), in riferimento alla brattea del peduncolo
fruttifero che funge da ala durante la disseminazione facilitata dal vento.
Forma biologica: fanerofita scaposa/fanerofita cespitosa. Periodo di
fioritura: maggio-giugno.
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Foglie a base non cuoriforme
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21
Foglie a margine dentato o dentellato
22
21
Foglie a margine intero
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22
Foglie decidue, non coriacee
Ostrya carpinifolia Scop.
Il carpino nero è un albero submediterraneo-pontico presente in tutta Italia,
salvo che in Valle d'Aosta, dal livello del mare alla fascia montana
inferiore, con optimum nella fascia submediterranea. Cresce in boschi e
boscaglie di latifoglie decidue, su suoli ben drenati sia calcarei che
marnoso-arenacei, da molto primitivi e ricchi in scheletro a piuttosto
evoluti come negli aspetti più freschi delle boscaglie. Il maggior impiego
del carpino nero era quello come combustibile, sia come legna da ardere
che di carbone; per questo veniva governato a ceduo da cui si ottenevano
anche pali per sostenere le viti. Il legname, pur essendo poco durevole, era
apprezzato per l
'
elasticità e la fibratura, ed usato per la costruzione di
attrezzi o pezzi di macchinari soggetti a sforzo. Un uso particolare era la
produzione di bottoni. Con la corteccia si tingevano i tessuti stabilmente ed
in varie tonalità di arancione, rosso e rosa. In alcune regioni italiane le
foglie sono impiegate per l'alimentazione del bestiame. Il nome generico in
greco significa 'ostrica', per la forma a valva delle brattee che racchiudono i
semi, quello specifico allude alla somiglianza delle foglie con quelle del
carpino bianco. Forma biologica: fanerofita cespitosa. Periodo di fioritura:
aprile-maggio.
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Foglie sempreverdi, coriacee
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Foglie adulte grigio-pelose di sotto. Fiori unisessuali, senza petali. Frutto a ghianda
Quercus ilex L. subsp. ilex
Il leccio è l'albero mediterraneo per eccellenza, presente allo stato
spontaneo in tutte le regioni d'Italia salvo che in Valle d'Aosta, ma molto
più abbondante nell'Italia mediterranea. È la specie dominante nei residui
boschi di sclerofille sempreverdi della macchia mediterranea, su suolo
preferibilmente acido; ai margini dell'areale cresce anche nei boschi decidui
o in habitat rupestri in siti caldo-aridi, su suoli calcarei primitivi e ricchi in
scheletro. Ha limitati impieghi artigianali, essendo il legno molto duro e
resistente alle alterazioni ma difficile da lavorare e stagionare; viene
comunque usato per oggetti sottoposti a forti sollecitazioni e usura, come
parti di attrezzi agricoli, pezzi per torchi, presse e imbarcazioni, ecc. La
corteccia è usata per la concia delle pelli, perché ricca in tannini. Le
ghiande sono impiegate nell'alimentazione dei maiali; un tempo venivano
usate anche dall'uomo, torrefatte, come surrogato del caffè. Il nome
generico, già in uso presso gli antichi, è di etimologia incerta, potrebbe
derivare da due parole celtiche, 'kaer' e 'quer' (bell'albero), cioè 'l'albero per
eccellenza'; secondo altri deriva dal greco, indicando il legno ruvido delle
piante di questo genere; il nome specifico, che forse deriva da una radice
celtica che significa 'punta', è quello dato dai Romani all'agrifoglio, per la
frequente presenza anche nel leccio di foglie subspinose. Forma biologica:
fanerofita scaposa (fanerofita cespitosa). Periodo di fioritura: aprile-giugno.