7
d'Italia (ad es. in Friuli) i rami legnosi venivano usati dai ragazzi come
succedaneo delle sigarette (in friulano: 'cincinis'), uso da sconsigliare
assolutamente a causa della loro tossicità. Il nome generico deriva dal
greco 'klematis', diminutivo di 'klêma' (tralcio di vite), in riferimento al
portamento della pianta. Il nome specifico deriva dal latino 'vitis alba' (vite
bianca), per il colore dei fiori. Forma biologica: fanerofita lianosa. Periodo
di fioritura: maggio-luglio.
7
Foglie non opposte
8
8
Foglie composte (divise in foglioline)
9
8
Foglie intere
10
9
Pianta spinosa. Foglie con 3 foglioline. Fiori bianchi
Rubus caesius L.
I rovi sono un gruppo difficilissimo di specie di origine apomittica ed
ibridogena, ancora incompletamente studiato in Italia. Questa è una specie
abbastanza facilmente riconoscibile, a distribuzione eurasiatica, presente in
tutte le regioni dell'Italia continentale (la presenza in Sicilia è dubbia). La
distribuzione regionale è estesa a tutto il territorio; in Carso è comune, ma
meno di
R. ulmifolius
, con cui spesso ibrida. Originaria di boschi igrofili, è
passata a stazioni disturbate piuttosto umide, come margini di fossati e
siepi, su suoli fangosi o argillosi spesso inondati, ricchi in composti azotati
ed in basi, poco umiferi, dal livello del mare alla fascia montana. I frutti
sono commestibili. Il nome generico, di antico uso, potrebbe derivare dal
latino 'ruber' (rosso) per il colore rosso dei frutti di alcune specie dello
stesso genere (come il lampone); il nome specifico, che in latino significa
'azzurro', allude al colore delle more leggermente pruinose. Forma
biologica: nanofanerofita. Periodo di fioritura: maggio-luglio.
9
Pianta non spinosa. Foglie con più di 3 foglioline. Fiori
non
bianchi
Parthenocissus quinquefolia (L.) Planch.
Liana avventizia di origine nordamericana, la presenza in Italia è
documentata dal 1642 ed oggi è presente in tutte le regioni. La
distribuzione regionale si estende, con ampie lacune, dalla costa ai
fondovalle del settore alpino; in Carso è piuttosto comune. Utilizzata a
scopo ornamentale per coprire muri o pergolati e spesso transfuga dai
giardini, si è naturalizzata al punto da diventare invadente. Cresce su
macerie e muri, lungo viottoli ed in discariche. I frutti contengono acido
ossalico, moderatamente tossico per l'uomo ma non per gli uccelli. Il nome
generico deriva dal greco 'parthenos' (vergine) e 'kissos' (edera), significa
quindi 'edera vergine'; il nome specifico allude alle foglie composte con
cinque foglioline. Forma biologica: fanerofita lianosa. Periodo di fioritura:
giugno.
10
Pianta sempreverde con foglie verdi-scure a margine non dentato. Fiori disposti in
ombrelle
Hedera helix L. s.l.
L'edera è una specie mediterraneo-atlantica comune in tutta Italia dal
livello del mare sino alle faggete termofile della fascia montana inferiore.
Nella nostra regione, Carso incluso, è ampiamente diffusa e comune.
Cresce in boschi e siepi, su muri, rocce ed alberi, di cui raggiunge la
chioma in siti umidi, formando intrichi con
Clematis vitalba
ed altre liane.
Mostra marcata eterofillia, cioè la forma delle foglie dei rami vegetativi è
molto diversa da quella delle foglie dei rami fioriferi. È comunemente
coltivata come pianta ornamentale, come tappezzante di terreni molto
ombreggiati e per ricoprire muri o pergolati. Ne esistono numerosissimi
ibridi e cultivar che differiscono per la forma, dimensioni e colore delle
foglie (frequenti sono quelli a foglie variegate). Sia i Greci che i Romani
consideravano l'edera un simbolo di forza vitale; questo per la sua longevità
e perché si tratta di una pianta sempreverde. I fiori, ricchi di nettare, sono
visitati da molte specie di insetti (es. api). La pianta è tossica (saponine
triterpeniche ed alcaloidi) se ingerita ed il contatto con le foglie può
originare reazioni fotoallergiche. Il nome generico è assonante con