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Foglie palminervie. Pianta laticifera (rompendo un picciolo esce un latice bianco)
Ficus carica L.
Il fico è una specie originaria dell'area pontica (Turchia settentrionale, costa
del Mar Nero), con estensione a tutto il Mediterraneo, da noi di
antichissima introduzione precolombiana come altre specie legnose di
interesse economico (castagno, bagolaro, noce). È presente in tutta Italia,
spontaneo o coltivato, dal livello del mare agli 800 m, anche come piccolo
arbusto su muri e in stazioni rupestri soleggiate. Il frutto che chiamiamo
fico, lo ricordiamo, è in realtà un'infiorescenza carnosa e cava (siconio)
tappezzata all'interno da piccoli fiori femminili e/o maschili privi di calice e
corolla. Quelli femminili, una volta impollinati, si trasformano nei veri
frutti, cioè piccoli acheni di aspetto granulare. In natura la disseminazione
del fico è strettamente legata al ciclo vitale di un piccolo imenottero, la
Blastophaga psenes
. Certe piante dette caprifico non producono siconi
commestibili per il fatto che questi cadono apparentemente immaturi
(rimangono stopposi); in realtà si tratta di individui con funzione maschile,
i loro siconi, cioè, contengono sia fiori maschili sia fiori femminili a stilo
breve, che per tale motivo non impediscono a
Blastophaga
di raggiungerli
e trasformarli in galle per la deposizione delle uova. Quindi il caprifico è
unicamente donatore di quel polline che viene poi trasportato dall'insetto
quando va a visitare altri siconi. Nei siconi di altre piante (fichi 'femmina'),
l'imenottero trova unicamente fiori femminili, questa volta in maggioranza
a stilo lungo, tali cioè da impedirgli di raggiungere gli ovari per pungerli e
deporvi le uova e nel contempo tali da costringerlo a urtare gli stigmi
lasciandovi attaccati i granuli di polline involontariamente raccolti nelle
visite al caprifico. A questo punto si innesca lo sviluppo di frutti normali
(acheni con seme all'interno) e la contemporanea trasformazione del
siconio in un corpo carnoso e zuccherino (i semi verranno dispersi per via
endozoica). La fioritura di inizio primavera garantisce un'impollinazione
delle piante 'femminili', mentre le successive fioriture, specialmente la
seconda, possono sviluppare sulle stesse fichi in prevalenza partenocarpici,
quali si ritrovano in molte cultivar selezionate appunto per essere
autosufficienti; in questi siconi 'da tavola' gli acheni sono guscetti vuoti
senza seme, ma vi si possono trovare pure fiori a stilo breve trasformati in
galle dalla
Blastophaga
, riconoscibili come pallini più grandi. La
disseminazione avviene soprattutto a opera di uccelli e micromammiferi. Il
nome generico deriva dalla medesima radice indoeuropea del greco 'sýkos'
(fico), quello specifico allude alla Caria, regione della Turchia donde si
riteneva provenire la pianta. Forma biologica: fanerofita scaposa. Periodo
di fioritura: febbraio-marzo (maturazione: giugno-luglio); maggio-giugno
(maturazione: luglio-ottobre); settembre (maturazione: dicembre-aprile).
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Foglie penninervie. Piante non laticifere
Quercus pubescens Willd. subsp. pubescens
La roverella è un albero dell'Europa meridionale presente in tutte le regioni
d'Italia. La distribuzione regionale si estende dal Carso alla fascia montana
inferiore del Friuli, con ampie lacune nella bassa pianura friulana ove è
spesso sostituita dalla farnia (
Q. robur
). Cresce nei boschi termofili di
latifoglie decidue, sia su calcare che su arenarie ricche in basi, su suoli
argillosi neutro-basici, subaridi d'estate, con optimum nella fascia
submediterranea. Il legno, grazie alla durevolezza, trova impiego nella
costruzione di traversine ferroviarie; in passato veniva usato per travature,
costruzioni navali, etc.; l'infuso della corteccia e dei giovani rami era
utilizzato nella medicina tradizionale come astringente e febbrifugo. Le
ghiande hanno avuto molti impieghi, dall'alimentazione dei suini all'uso
come surrogato del caffè. Il nome generico, già in uso presso gli antichi,
sembra ricollegarsi alla radice indoeuropea che il latino condivide con le
parole celtiche 'kaer' e 'quer' (bell'albero), cioè 'l'albero per eccellenza', ma
anche con analoghi termini greci riferiti alla rudezza del legno delle piante
appartenenti a questo genere; quello specifico allude alla pelosità delle