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pianta rarissima sui Colli Euganei; si può trovare nella parte sud-orientale
del comprensorio, in siti riparati e freschi. Le stazioni primarie sono i
boschi igrofili delle pianure alluvionali, da cui è passata a vegetazione di
siepi. La pianta è tossica in tutte le sue parti per la presenza di
protoanemonina. Il nome generico deriva dal greco 'klematis', diminutivo
di 'klêma' (tralcio di vite), in riferimento al portamento della pianta.
Forma biologica: fanerofita lianosa. Periodo di fioritura: giugno-
settembre.
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Fiori bianchi. Foglioline a margine dentato o lobato
Clematis vitalba L.
La vitalba è una specie europea presente in tutta Italia dal livello del mare
sino alle faggete termofile montane. È ampiamente diffusa in tutta l'area
dei Colli Euganei. Nelle boscaglie può formare intrichi impenetrabili,
soprattutto in forre fresche ed umide. Appare, spesso con l'edera, anche in
ambienti urbani. Ha la capacità di aggrapparsi e arrampicarsi su alberi e
arbusti, spesso danneggiandoli per l'abbondante sviluppo fogliare. Con il
rovo ricopre spesso i muretti secchi del Carso, nell'estremo stadio di
degradazione del mantello forestale. La pianta è tossica in tutte le sue
parti per la presenza di protoanemonina. In passato veniva chiamata 'erba
dei cenciosi' in quanto i mendicanti erano soliti procurarsi irritazioni ed
ulcerazioni con le sue foglie per impietosire i passanti. In certe regioni
d'Italia (ad es. in Friuli) i rami legnosi venivano usati dai ragazzi come
succedaneo delle sigarette (in friulano: 'cincinis'), uso da sconsigliare
assolutamente a causa della loro tossicità. Il nome generico deriva dal
greco 'klematis', diminutivo di 'klêma' (tralcio di vite), in riferimento al
portamento della pianta. Il nome specifico deriva dal latino 'vitis alba'
(vite bianca), per il colore dei fiori. Forma biologica: fanerofita lianosa.
Periodo di fioritura: maggio-luglio.
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Foglie composte (divise in foglioline completamente
separate tra loro)
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Foglie semplici
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Foglie palmate
Aesculus hippocastanum L.
L'ippocastano è un albero ornamentale di notevole prestanza (può infatti
raggiungere i 30 m di altezza), originario di un'area ristretta della penisola
balcanica. Fu introdotto nel 1576 da Charles de L'Écluse (Clusius) nei
giardini imperiali di Vienna e da qui, a distanza di tempo (sec. XVIII-
XIX), venne distribuito attraverso i semi in tutto il territorio dell'Impero
Austro-Ungarico; per tale motivo la specie risulta tradizionalmente
impiegata soprattutto nell'Italia settentrionale. È coltivato in viali, parchi e
giardini per la sua fioritura e per l'ombra che offre, a volte comparendo
subspontaneo nei boschi termofili della fascia collinare, come nei Colli
Euganei sui rilievi sopra Galzignano. I semi, velenosi per effetto dei
saponosidi ivi contenuti, vengono talvolta consumati per errore perché
scambiati per castagne o ritenuti commestibili come queste ultime. La
pianta è poi usata a scopo farmaceutico (antiemorroidario), cosmetico e
tintorio; i semi, schiacciati e pestati, erano impiegati come sapone,
specialmente in tempo di guerra. Le alberature sono oggi attaccate da un
lepidottero (
Cameraria ohridella
) che causa il precoce appassimento delle
foglie. Il nome generico era già in uso presso i Romani (Virgilio), che
però con esso designavano una quercia. L'epiteto specifico deriva dal
greco 'híppos' (cavallo) e 'kástanon' (castagna), per l'aspetto dei frutti a
forma di grossi ricci a spine deboli e fragili contenenti grossi semi simili a
castagne, utilizzati in Oriente come alimento per i cavalli. Forma
biologica: fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: aprile-maggio.
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Foglie pennate
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