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Foglie di odore sgradevole se sfregate tra le dita. Frutto carnoso
Sambucus nigra L.
Il sambuco nero è una specie subatlantico-sudeuropea presente in tutte le
regioni d'Italia. È ampiamente diffuso in tutta la regione dei Colli
Euganei. Originario di boschi di forra freschi ed umidi si è poi diffuso in
ambienti disturbati ed è oggi comunissimo presso gli abitati, su suoli
limoso-argillosi piuttosto freschi, ricchi in basi ed in composti azotati, da
neutri a subacidi, dal livello del mare alla fascia montana superiore. È una
pianta da cui si possono estrarre varie sostanze, tra cui tannino,
saccarosio, olio essenziale, coloranti, cera e resine; per questo è utilizzata
nella medicina popolare. I fiori sono utilizzati per preparare bevande, i
frutti per sciroppi, marmellate, succhi e liquori. Le foglie sono tossiche.
Si adatta molto bene ai diversi tipi di terreno e clima e può vivere sino a
circa 50 anni. Il nome generico deriva dal greco 'sambuke', uno strumento
musicale costruito con legno tenero; il nome specifico allude al colore
nero dei frutti. Forma biologica: fanerofita cespitosa. Periodo di fioritura:
aprile-giugno.
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Foglie non odorose. Frutto secco
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Frutto fortemente rigonfio, non alato
Staphylea pinnata L.
Detta anche falso pistacchio o bossolo, la stafilea è una pianta arbustiva
caducifoglia ad areale submediterraneo, presente in quasi tutta l'Italia
tranne in Valle d'Aosta, Trentino-Alto Adige, Liguria, Puglia e forse
Umbria, al di sotto della fascia montana inferiore. Sui Colli Euganei è
abbastanza rara, essendo presente sul M. Madonna, M. Venda, nei pressi
di Teolo, Este. Cresce ai margini di boschi mesofili ed in stazioni rupestri
su suoli argillosi freschi, sciolti, ricchi in carbonati e composti azotati. Il
nome generico deriva dal greco 'staphylé' (grappolo) per la forma delle
infiorescenze, quello specifico allude alle foglie pennate. Forma
biologica: fanerofita cespitosa. Periodo di fioritura: aprile-maggio.
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Frutto non rigonfio, alato
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Piccioli delle 2 foglie opposte con basi contigue. Nervature laterali delle foglioline
raggiungenti il margine. Frutti appaiati
Acer negundo L.
L'acero negundo è originario del settore orientale del Nordamerica,
importato in Europa alla fine del '600 e segnalato per la prima volta in
Italia nel 1780. È un albero a rapido accrescimento e vive fino a circa 150
anni, viene spesso coltivato a scopo ornamentale, in diverse cultivar,
alcune a foglie variegate. Spesso compare allo stato spontaneo,
comportandosi come una pericolosa aliena invasiva avvantaggiata dal
possedere frutti alati che il vento disperde con grande facilità; mostra una
decisa tendenza a insediarsi in ambienti abbandonati e umidi. Modifica
sensibilmente il paesaggio naturale e riduce la biodiversità delle cenosi
boschive, soprattutto in ambiente ripariale; ha esigenze ecologiche
identiche a quelle di diverse latifoglie autoctone dei suoli freschi,
particolarmente diffusi nelle aree alluvionali, dove cresce velocemente e
fruttifica in abbondanza. È specie inclusa nella lista nera delle specie
alloctone vegetali in Lombardia ed è inoltre inserita tra le specie esotiche
a carattere infestante e dannose per la conservazione della biodiversità. In
Italia è diffuso soprattutto al Nord e al Centro; è comune anche nella
Pianura Padana e piuttosto frequente nei Colli Euganei. Dalla
concentrazione della linfa, nella sua area d'origine, si produce una
sostanza zuccherina d'uso alimentare (sciroppo d'acero), sebbene la specie
a ciò ufficialmente devoluta sia il compatriota acero da zucchero (
Acer
saccharum
). Il nome generico era già in uso presso i Romani e deriva dal
latino 'acer' (appuntito, acuto), forse per l'acutezza dei denti fogliari di
diverse specie fra cui
Acer platanoides
, oppure in riferimento al fatto che