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resistenza al freddo ancora maggiore, esige terreni più acidi, resiste
meglio all'umidità, il che le permette di formare boschi palustri e
colonizzare terreni torbosi e acquitrinosi. Il nome generico deriva
dal gallico 'boulease' o dal celtico 'betul', entrambi nomi dati alle
betulle; il nome specifico si riferisce alla fine peluria presente sui
rami giovani e lungo le nervature delle foglie. Forma biologica:
fanerofita scaposa (fanerofita cespugliosa). Periodo di fioritura:
aprile-maggio.
Calocedrus decurrens
(Torr.) Florin
Il libocedro è un albero originario dell'America nord-occidentale
(dalle montagne della Baja California all'Oregon). Fu introdotto in
Europa nel XIX secolo; in Italia la sua presenza è segnalata a
partire almeno dal 1865. Nell'Orto Botanico di Torino la specie è di
relativamente recente coltivazione, non sono note fonti che ne
attestino la coltura in epoche storiche. Attualmente è presente con
un unico esemplare. Viene utilizzato essenzialmente come pianta
ornamentale, anche a causa della sua relativa resistenza alla siccità.
Il legno morbido, aromatico e senza la tendenza a formare schegge,
è usato in ebanisteria; nei luoghi d'origine utilizzato per la
produzione di matite. Il nome generico deriva dal greco 'kalòs'
(bello) e dal latino 'cedrus', che designa una conifera; il nome
specifico si riferisce alle foglie decorrenti sui rametti. Forma
biologica: fanerofita scaposa.
Carpinus betulus
L.
Il carpino bianco è un albero deciduo a distribuzione europeo-
continentale presente in tutte le regioni dell'Italia settentrionale e
peninsulare salvo che in Valle d'Aosta. Nell'Orto Botanico di
Torino la specie è stata citata per la prima volta in coltivazione nel
1809. Attualmente sono presenti due alberi di diametro piuttosto
rilevante, pari a circa 60 cm, tale da avere i requisiti per
l'inserimento tra gli alberi monumentali della città di Torino
secondo quanto previsto dalla Legge Regionale n°50 del 1995 (e
sue modifiche con L.R. n°4 del 2009) recepita dal relativo
Regolamento del Comune di Torino. Entrambi gli esemplari
potrebbero essere stati messi a dimora nei primi decenni del 1800.
Nel verde pubblico torinese la specie è la quinta maggiormente
rappresentata , con circa 2100 esemplari. Cresce in boschi maturi di
latifoglie decidue, su suoli argillosi profondi, molto freschi ed
umiferi, con optimum nella fascia submediterranea. Il legname è di difficile lavorazione perché a fibre contorte, duro e
tenace; viene impiegato nella fabbricazione di arnesi sottoposti a sforzo (manici, ruote dentate, denti di rastrello, ecc.).
Il carbone, un tempo, era impiegato in modo speciale per preparare la 'polvere da schioppo'. Dalla corteccia si ricavano
principi tintori usati per colorare in giallo e in bruno le sete, le lane ed il cotone. Le foglie, sia fresche che secche,
forniscono un buon foraggio per ovini e suini. La pianta viene anche utilizzata a scopo ornamentale, soprattutto perché
si presta alla formazione di dense siepi. Il nome generico, già utilizzato dagli antichi Romani, potrebbe derivare dalla
radice sanscrita 'kar' (duro) per la durezza del legno; il nome specifico si riferisce alle foglie vagamente simili a quelle
della betulla. Forma biologica: fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: maggio-giugno.
Catalpa bignonioides
Walter
L'albero dei sigari è una specie originaria delle regioni meridionali degli Stati Uniti. Fu introdotta in Europa verso la
metà del '700 a scopo ornamentale, naturalizzandosi qua e là. In Italia viene spesso coltivata, ed è anche segnalata come
avventizia in molte regioni dell'Italia centro-settentrionale e in Sardegna, dal livello del mare ai 600 m circa. Nell'Orto
Botanico di Torino la specie è stata citata per la prima volta in coltivazione nel 1804. Attualmente è presente con un
unico esemplare di diametro piuttosto rilevante, pari a circa 45 cm, tale da avere i requisiti per l'inserimento tra gli
alberi monumentali della città di Torino secondo quanto previsto dalla Legge Regionale n°50 del 1995 (e sue modifiche