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aperte, pascoli e campi abbandonati, dal livello del mare alla fascia
montana. I falsi frutti, molto ricchi di vitamina C, sono usati per la
preparazione di marmellate, anche se contengono peli irritanti che ne
giustificano certi nomi volgari. Il nome generico deriva dal latino 'rosa', dal
greco 'rodon', con identico significato; il nome specifico forse allude
all'antico uso della radice come rimedio contro la rabbia. Forma biologica:
nanofanerofita. Periodo di fioritura: maggio-luglio.
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Piante spinose
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Piante non spinose
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Frutti arancioni a maturità. Foglie almeno 4 volte più lunghe che larghe, senza picciolo
ben distinto, di color verde-grigio
Hippophaë fluviatilis (Soest) Rivas Mart.
Specie eurasiatica diffusa in tutta l'Italia centro-settentrionale. In regione si
concentra nella porzione centrale delle Alpi Carniche e discende sino al
mare lungo il Tagliamento. Cresce in siti sassosi, soprattutto sui greti dei
fiumi, pendii franosi, calanchi, preferibilmente su substrato calcareo, da 50
a 1700 m. I frutti sono commestibili: contengono acido malico, molta
vitamina C e provitamina A (carotene) e sono leggermente acidi, aromatici,
con proprietà astringenti e purificanti per cui vengono spesso utilizzati nei
prodotti cosmetici. In Siberia vengono utilizzati per fasre uno sciroppo o
consumati crudi. I frutti immaturi vengono impiegati anche per curare
diarrea e dissenteria e possono venire applicati per arrestare piccole
emorragie. I rami, le foglie e la radice producono un colorante giallo.
L'olivello spinoso viene anche coltivato come pianta ornamentale per i suoi
frutti vistosi che persistono per lungo tempo dopo la caduta delle foglie e
per consolidare pendii franosi e terreni arenosi costieri. Il nome generico
deriva dal greco 'hippophaés, -éos', che già in Dioscoride e Plinio
designava una pianta spinosa di ambienti sabbiosi; il termine 'hippos'
(cavallo), incluso nel nome, potrebbe riferirsi al fatto che per lo più in Cina
e Mongolia si usava pulire il mantello dei cavalli con il succo dei frutti per
renderlo lucido e brillante; il nome specifico allude all'habitat. Forma
bioloigca: fanerofita cespugliosa. Periodo di fioritura: aprile-maggio.
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Frutti rossi a maturità. Foglie meno di 4 volte più lunghe che larghe, chiaramente
picciolate, verdi
Berberis vulgaris L. subsp. vulgaris
Specie diffusa dall'Europa centrale all'Africa nordoccidentale, soprattutto in
aree con clima continentale, ormai naturalizzata nell'Europa settentrionale,
comprese le isole britanniche e la Scandinavia meridionale ed in Nord
America, presente in tutta Italia sino a circa 2000 m. La distribuzione
regionale copre quasi tutto il territorio, con lacune nella bassa pianura
friulana e lungo le coste. Cresce su pendii aridi, in pinete e boschi
submediterranei degradati. È l'ospite intermedio della ruggine del grano
(
Puccinia graminis
), un fungo che dalle foglie di
Berberis
si trasferisce al
grano producendo danni enormi; sembra che già nei primi anni del '600
alcuni agricoltori si accorsero della relazione tra la
Berberis
e la ruggine,
ma furono derisi da chi usava i frutti della
Berberis
per fare marmellate. La
cosa fu chiarita scientificamente solo nel 1865: per il gravissimo impatto
della ruggine sul grano, la coltivazione della
Berberis
è proibita in diversi
Paesi. La pianta è sia velenosa che medicinale, per la presenza di berberina.
Il nome generico, di antico uso, deriva forse dal sanscrito 'varvarata'
(ruvidezza) per la spinosità della pianta; il nome specifico deriva dal latino
'vúlgus' (volgo) e significa 'comune, diffuso, frequente'. Forma biologica:
nanofanerofita. Periodo di fioritura: maggio-giugno.
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Frutti piccoli (larghi al massimo 8 mm), neri a maturità. Margine della foglia intero
Frangula alnus Mill. subsp. alnus
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