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resta
, appendice rigida e filiforme, che può essere
diritta
o
ginocchiata
.
Le spighette sono a loro
volta riunite in infiorescenze composte, di tre tipi
principali: a)
digitate
: più spighe lineari divergenti
all’apice del fusto come le dita di una mano (ad
es. la gramigna:
Cynodon
), b)
spiciformi
: a forma
di spiga, solitarie all’apice dei fusti, con spighette
sessili o brevissimamente peduncolate (ad es. la
spiga del grano), c)
racemose
, spighette disposte
in racemi (a volte chiamati - ma non in questa
chiave - “
pannocchie
”), più o meno lungamente
peduncolate. La distinzione tra infiorescenze
spiciformi e racemose non è sempre agevole: in
questo libro i racemi contratti e allungati sono stati
considerati anche come infiorescenze spiciformi
(ad es. in
Koeleria
). Il tipo d’infiorescenza, la
forma, dimensioni e caratteristiche di spighette,
glume, glumette, reste e ligule sono fondamentali
per l’identificazione delle Poaceae. Una lente è
indispensabile.
I Nomi latini
Il nome “scientifico” di un organismo è composto
da almeno due nomi, quello del genere e quello
della specie. Assieme, formano il binomio latino,
il “Vero Nome”, quello che lega univocamente un
organismo a un’espressione verbale o scritta, e che
ha valore in qualsiasi parte del mondo. A volte si
aggiungono i nomi di sottospecie, varietà e forme.
Nella nostra chiave i nomi sono stati aggiornati
il più possibile seguendo l’evolversi degli studi
tassonomici, ma è sicuro che in tempi anche brevi
molti di essi verranno modificati. La nomenclatura
delle versioni in rete verrà continuamente
aggiornata, mentre quella della chiave stampata su
carta rimarrà forzatamente stabile e quindi diverrà
sempre più obsoleta nel corso degli anni.
L’attribuzione di un nome scientifico a una pianta
è regolata da un codice internazionale (McNeill
et
al.
2011), aggiornato ogni 4 anni in occasione dei
Congressi Internazionali di Botanica. Non è questa
la sede per discutere i complessi codicilli di questo
regolamento. Ci limiteremo a una breve spiegazione
degli aspetti più importanti.
Il nome scientifico di una pianta è sempre seguito
dalle abbreviazioni degli autori che lo hanno creato
(le abbreviazioni seguono lo standard di Brummitt
& Powell, 1992). Un esempio:
Galeopsis tetrahit
L.
“L.” indica l’autore che ha descritto per la prima
volta la specie, chiamandola esattamente come la
chiamiamo oggi, cioè attribuendola allo stesso
genere. Linneo descrisse
Galeopsis tetrahit
a pagina
579 di
Species Plantarum
, un’opera pubblicata nel
1753.
A volte ci sono più abbreviazioni d’autore, una
posta tra parentesi, l’altra subito dopo. Ad esempio:
Cephalaria leucantha
(L.) Roem. & Schult.
L’abbreviazione tra parentesi indica l’autore
che per primo descrisse la specie, attribuendola
tuttavia a un altro genere. Linneo descrisse
questa specie a pagina 98 di
Species Plantarum
,
chiamandola
Scabiosa leucantha
. Le abbreviazioni
dopo la parentesi si riferiscono agli autori che
hanno modificato il binomio, attribuendo la
specie a un genere diverso. Nel 1818 Johann Jacob
Roemer (1763-1819), professore di botanica a
Zurigo e Joseph August Schultes (1773-1831)
professore a Vienna, pubblicarono l’opera
Systema
Vegetabilium
: a pagina 47 questa specie veniva
attribuita al genere
Cephalaria
. Quindi,
Scabiosa
leucantha
L. è sinonimo di
Cephalaria leucantha
(L.)
Roem. & Schult. Per chi non accetta la separazione
di
Cephalaria
da
Scabiosa
il nome corretto è invece
Scabiosa leucantha
L.
La regola non vale solo per specie che cambiano
genere, ma anche per taxa (un
taxon
è qualsiasi
rango tassonomico, ad es. specie, sottospecie,
varietà, forma etc.) che cambiano di rango. Ad
esempio, una pianta evidentemente poco simpatica
come:
Carduus litigiosus
subsp.
horridissimus
(Briq. &
Cavill.) Franco
fu descritta per la prima volta da Jean Briquet e
François Cavillier nell’opera di Emile Burnat (1828-
1920) dedicata alla flora delle Alpi Marittime,
come
varietà
di
Carduus litigiosus
(e quindi con il
nome
Carduus litigiosus
var.
horridissimus
Briq. &
Cavill.). Nel 1975 J. Franco do Amaral pubblicò un
articolo sul
Botanical Journal of the Linnean Society
in cui questa pianta veniva considerata come una
sottospecie
di
Carduus litigiosus
.
La distinzione
tra sottospecie e varietà è spesso una questione
di gusti, comunque chi preferisce la soluzione di
Franco deve utilizzare l’epiteto
Carduus litigiosus
subsp.
horridissimus
(Briq. & Cavill.) Franco.
A complicare le cose, ai nomi degli autori i botanici
aggiungono spesso - e non sempre a proposito -
altre abbreviazioni o avverbi come:
ex
,
in
,
s
.
l
. (o
s
.
lat
.),
s
.
str
. (o
s
.
s
.),
aggr
.,
auct
.,
emend
., etc. Alcune
delle più frequenti sono spiegate di seguito:
ex
: si trova sempre fra due autori (X
ex
Y). Significa
che l’autore Y (quello che ha validamente descritto
il taxon) ha ricavato il nome della pianta dall’opera
(o su suggerimento) dell’autore X, che però
non l’aveva validamente pubblicato. Il termine
“validamente” si riferisce alle regole del Codice
di Nomenclatura (per ulteriori dettagli v. Nimis
& Martellos 2003). Un esempio è proprio il nome
di
Cephalaria leucantha
discusso in precedenza:
Heinrich Adolph Schrader (1767-1836), professore
a Göttingen, nel
Catalogus Seminum Horti
Goettingensis
(1814) aveva già chiamato questa
specie
Cephalaria
, ma la combinazione non era
valida; l’attribuzione al nuovo genere fu ripresa e
validamente pubblicata da Roemer e Schultes. Per
questo motivo la pianta viene spesso citata anche
1...,479,480,481,482,483,484,485,486,487,488 490,491,492,493,494,495,496,497,498,499,...508