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Infiorescenza chiaramente peduncolata
Lonicera etrusca Santi
Specie mediterranea presente in tutte le regioni d'Italia salvo il Trentino-
Alto Adige. La distribuzione regionale è limitata alle aree prossime alle
coste ed al Carso ove è piuttosto diffusa e comune. Cresce negli aspetti
più caldi di boschi, boscaglie e siepi, su suoli sia calcarei che marnoso-
arenacei, poco profondi e ricchi in scheletro, aridi d'estate, poveri in
humus e composti azotati, dalla fascia mediterranea a quella
submediterranea. Le bacche contengono glucosidi e sono tossiche. Il
genere è dedicato al botanico tedesco Adam Lonitzer-Lonicerus (1528-
1586); il nome specifico allude all'Etruria (Toscana) ove la specie è
diffusa. Forma biologica: fanerofita lianosa (fanerofita cespitosa). Periodo
di fioritura: maggio-giugno.
13
Foglie composte o profondamente lobate
14
13
Foglie intere
20
14
Foglie non composte, profondamente lobate
15
14
Foglie composte
17
15
Foglie a base non troncata, con 3 lobi. Petali bianchi. Frutto carnoso rosso
Viburnum opulus L.
Il viburno palla di neve è spontaneo in Europa, Asia e Africa nord-
occidentale. È presente in quasi tutta l'Italia continentale, salvo che in
Puglia, Calabria e forse Valle d'Aosta, ma è più diffuso nelle regioni
settentrionali. La distribuzione regionale si estende su tutto il territorio
salvo che sul Carso triestino. Cresce in boschi umidi alveali, pioppete,
siepi, dal livello del mare ala fascia montana inferiore. È una pianta
rustica e facile da coltivare, molto utilizzata per la formazione di siepi in
interventi di rinaturalizzazione e per scopi ornamentali; in questo caso è
ampiamente coltivata la cultivar 'roseum', con infiorescenze globose
costituite interamente da fiori sterili. Tutte le parti della pianta, compresi i
frutti, sono tossiche. Il nome del genere è molto antico e di etimologia
incerta: potrebbe derivare dal latino 'viere' (legare, intrecciare), con
allusione alla flessibilità dei rami di alcune specie, utilizzati un tempo per
costruire ceste, oppure da 'vovorna' (dei luoghi selvatici); il nome
specifico era utilizzato dai Romani per indicare un acero, probabilmente
l'acero campestre, localmente chiamato tuttora 'opi', ed allude alla
somiglianza delle foglie lobate con quelle dell'acero. Forma biologica:
fanerofita cespugliosa. Periodo di fioritura: maggio-giugno.
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Foglie a base più o meno troncata, con 5 lobi. Petali
verde-giallastri. Frutto secco, alato
16
16
Foglie più brevi di 10 cm. Fiori disposti in corimbi più larghi che lunghi. Frutto con ali
perpendicolari al peduncolo (formanti una T)
Acer campestre L.
L'acero campestre è una specie europeo-asiatica occidentale presente in
tutta Italia (in Sardegna come avventizia) sino alla fascia montana
inferiore. È diffuso in tutta la nostra regione ed è comune in Carso. Cresce
in boschi misti di latifoglie decidue, soprattutto ai loro margini, a volte
nelle siepi. Predilige suoli calcarei, ma ha un'ampia valenza ecologica.
Resiste all'inquinamento ed alla siccità e sopporta le potature; è una pianta
molto rustica impiegata per siepi, molto decorativa soprattutto in autunno
grazie alla colorazione, di un giallo intenso, delle foglie in procinto di
cadere. Il legno, duro, compatto e omogeneo si presta alla costruzione di
attrezzi agricoli, piccoli oggetti ed è un buon combustibile. Capitozzato a
circa 3 m di altezza, è stato largamente impiegato come tutore vivo della
vite nella classica piantata che ha contraddistinto per secoli il paesaggio
della Pianura Padana. Può vivere 150-200 anni. Il nome generico era già
in uso presso i Romani, e deriva dal latino 'acer' (appuntito, acuto, duro,