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foglie larghe'. I fiori e le brattee sono usati in erboristeria per la
preparazione di tisane calmanti ed emollienti. I Romani utilizzavano la
corteccia, tagliata in strisce, seccata e successivamente macerata, per
ricavarne delle fibre usate nella fabbricazione di corde, tessuti e nella
preparazione delle 'vincula tiliae', bende per fasciare le ferite. Diffuso
soprattutto alle quote inferiori del Parco. Forma biologica: fanerofita
scaposa. Periodo di fioritura: maggio-giugno.
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Foglie coriacee e sempreverdi
80
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Foglie decidue
86
80
Foglie (non sono vere foglie ma fusti modificati!) a margine liscio e terminanti in una
punta pungente, portanti alla superficie fiori e frutti
Ruscus aculeatus L.
Il pungitopo è una specie mediterranea presente in tutta Italia al di sotto
della fascia montana. Cresce nella macchia mediterranea e negli aspetti
più caldi dei boschi decidui, su suoli limoso-argillosi profondi, neutro-
basici. Il nome del genere deriva dal greco 'rugchos' (becco, rostro), per i
cladodi dalla punta aguzza che ricordano un becco d'uccello. I germogli
sono commestibili previa cottura. Tutta la pianta è tossica da fresca.
Insieme all'agrifoglio è una delle piante tradizionali del Natale: la raccolta
sconsiderata a fini commerciali ne ha minacciato la presenza allo stato
spontaneo. Nella credenza popolare è considerata pianta augurale. I getti
giovani sono commestibili e vengono consumati come gli asparagi. In
alcune regioni, con i rami spinosi della pianta venivano protetti i formaggi
in stagionatura contro i morsi dei topi: da ciò il nome italiano 'pungitopo'.
Localizzata nel Parco. Forma biologica: geofita rizomatosa/camefita
fruticosa. Periodo di fioritura: febbraio-aprile, settembre-ottobre.
80
Foglie di aspetto diverso
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Foglie verdi di sopra, grigio-pelose di sotto. Frutto secco (ghianda)
Quercus ilex L. subsp. ilex
Il leccio è l'albero mediterraneo per eccellenza, presente allo stato
spontaneo in tutte le regioni d'Italia salvo che in Valle d'Aosta, ma molto
più abbondante nell'Italia mediterranea, ove è la specie dominante nei
residui boschi di sclerofille sempreverdi. Il nome generico, già in uso
presso gli antichi, è di etimologia incerta, il nome specifico, che forse
deriva da una radice celtica che significa 'punta', è quello dato dai Romani
all'agrifoglio, per la frequente presenza anche nel leccio di foglie
subspinose. Ha limitati impieghi artigianali, essendo il legno molto duro e
resistente alle alterazioni ma difficile da lavorare e stagionare; viene
comunque usato per oggetti sottoposti a forti sollecitazioni e usura, come
parti di attrezzi agricoli, pezzi per torchi, presse e imbarcazioni, ecc. La
corteccia è usata per la concia delle pelli, perché ricca in tannini. Le
ghiande sono impiegate nell'alimentazione dei maiali; un tempo venivano
usate anche dall'uomo, torrefatte, come surrogato del caffè. Specie
piuttosto rara nel Parco per ragioni climatiche. Forma biologica:
fanerofita scaposa.
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Foglie verdi su entrambe le facce. Frutto carnoso
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Foglie con forte odore di alloro se sfregate tra le dita
Laurus nobilis L.
L'alloro è un albero mediterraneo-atlantico, di antica introduzione in Italia
settentrionale, ove anche grazie ai merli che ne diffondono i semi è
diffuso anche allo stato subspontaneo. È presente in tutta Italia (in Valle
d'Aosta, Trentino-Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia come
avventizia), dal livello del mare agli 800 m circa. Cresce in stazioni
soleggiate nella zona dell'olivo; con l'edera ed il pungitopo forma piccole
oasi di laurofille sempreverdi, soprattutto su substrati arenacei freschi. Le
foglie sono notissime come condimento. I frutti contengono olii essenziali
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