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Cedrus atlantica
(Endl.) Carrière
Il cedro dell'Atlante è originario dai monti dell'Atlante in Marocco,
Algeria e Tunisia; in Italia è stato introdotto nel XIX secolo e viene
frequentemente coltivato nei parchi; è segnalato come specie
avventizia in Sicilia e Sardegna. Nell'Orto Botanico di Torino la
specie è stata citata per la prima volta in coltivazione nel 1881.
Attualmente è presente con un unico esemplare di discrete
dimensioni che potrebbe risalire a fine '800 inizio '900. Il legno, il
più pregiato tra quello dei cedri, è bruno, molto odoroso ed è
durevole e resistente agli agenti atmosferici. L'albero vive più di
500 anni. Il nome generico deriva dal termine greco 'kédros', che
indicava una conifera non meglio identificata; il nome specifico e
quello comune (cedro dell'Atlante) derivano dalla zona di origine,
la catena dell'Atlante in Nord-Africa. Forma biologica: fanerofita
scaposa.
Cedrus deodara
(Roxb.) G. Don
Il cedro dell'Himalaya è una specie originaria dalle catene
occidentali dell'Himalaya (Afghanistan, Pakistan, Kashmir, India
nord-occidentale) dove vive tra i 1000 e i 2800 m. Fu introdotto in
Europa a scopo ornamentale nel 1822 ed è oggi ampiamente
utilizzato come albero ornamentale in grandi parchi e giardini, ma
solo in aree con inverno mite. In Italia è segnalato a partire dal
1828, ed è oggi è presente con più varietà; appare anche allo stato
subspontaneo come specie avventizia in Lombardia, Trentino-Alto
Adige, Veneto e Campania. Le temperature minime dell'inverno
1985 (fino a –20 °C) eliminarono gran parte degli esemplari dalla
Pianura Padana. Nell'Orto Botanico di Torino la specie è stata
citata per la prima volta in coltivazione nel 1843 con il nome di
Pinus deodara
e
Larix deodara
quando furono messi a dimora semi
provenienti dall'Himalaya e giovani piante acquistate dal vivaio
Burdin di Torino. Attualmente è presente con un unico esemplare. Nei luoghi d'origine il legno era storicamente usato
per costruire templi, idoli e oggetti sacri. La specie è abbastanza sensibile agli inquinanti atmosferici. Il nome generico
deriva dal termine greco 'kédros', che indicava una conifera non meglio identificata; il nome specifico deriva dal
sanscrito 'devad
ā
ru' o 'devodara' (albero degli dèi), in riferimento alla sua imponenza e all'utilizzo del legno. Forma
biologica: fanerofita scaposa.
Celtis australis
L. subsp.
australis
Il bagolaro è un albero deciduo dell' Europa centro-meridionale
diffuso anche in Asia occidentale e Africa settentrionale, di antica
introduzione ai limiti settentrionali dell'areale e oggi coltivato un
po' ovunque nei viali e nel verde urbano, ma presente in tutta Italia
anche allo stato subspontaneo in siepi e boschetti presso gli abitati,
al di sotto della fascia montana. Nell'Orto Botanico di Torino la
specie è stata citata per la prima volta in coltivazione nel 1821,
inoltre alcune giovani piante furono acquistate dal vivaio del Sig.
Prudente Bessone di Torino nel 1851 e viene nuovamente
menzionata in coltura nel 1874. Attualmente sono presenti alcuni
esemplari di discrete dimensioni di cui almeno uno già coltivato nel
1918, data in cui venne raccolto un campione d'erbario ancora
conservato. Nel verde pubblico torinese la specie è la terza
maggiormente rappresentata , con circa 5.000 esemplari. È una
specie frugale che si presta bene all'utilizzo per il rimboschimento di pendii aridi; il fogliame è un ottimo foraggio ed è
una pianta mellifera. È ampiamente utilizzata nei parchi cittadini e nelle alberature stradali per la rusticità, la resistenza
all'inquinamento e la longevità, anche se il forte e superficiale apparato radicale tende a rompere i marciapiedi e il
manto stradale. Il legno, chiaro, molto resistente ed elastico, è impiegato in falegnameria, per lavori al tornio ed è un
ottimo combustibile. In alcune aree del Mediterraneo con i noccioli delle drupe si costruivano rosari, da cui il nome
locale di 'albero dei rosari'. Altro nome con cui è noto è 'spaccasassi', perché ha un apparato radicale molto forte che gli
permette di radicare anche in terreni particolarmente sassosi. I frutti maturi sono commestibili. Il nome generico era
quello di un albero presso i Greci antichi, quello specifico in latino significa 'meridionale'. Forma biologica: fanerofita
scaposa. Periodo di fioritura: aprile-maggio.