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stazioni soleggiate nella zona dell'olivo; con l'edera ed il pungitopo forma
piccole oasi di laurofille sempreverdi, soprattutto su substrati arenacei
freschi, dal livello del mare agli 800 m circa. Le foglie sono notissime
come condimento. I frutti contengono olii essenziali ed un grasso
impiegato in profumeria. L'olio di lauro, estratto dai semi, è un
componente dell'olio laurino, utilizzato contro i dolori reumatici. La
pianta è tradizionale simbolo di gloria e di affermazione: la 'laurea' deriva
da essa il suo nome. Il nome generico, assonante con il celtico 'lauer'
(sempreverde) e con il sanscrito 'daru' (albero), è quello utilizzato dagli
antichi Romani; il nome specifico si riferisce all'uso celebrativo della
pianta. Forma biologica: fanerofita cespitosa (fanerofita scaposa). Periodo
di fioritura: marzo-aprile.
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Pianta laticifera: rompendo una foglia esce un latice bianco (attenzione! Il latice è
irritante, lavarsi bene le mani dopo averlo toccato)
Euphorbia characias L. subsp. wulfenii (Hoppe ex W. D. J. Koch) Radcl.-Sm.
Entità scarsamente differenziata ed a distribuzione illirica, appartenente
ad una specie stenomediterranea presente in tutte le regioni dell'Italia
peninsulare ed in Friuli Venezia Giulia. La distribuzione regionale è
l'estensione più settentrionale dell'areale illirico, ed è ristretta alla costiera
triestina. Cresce in luoghi assolati su grize e ghiaioni calcarei,
associandosi pesso a
Salvia officinalis
in una delle più caratteristiche
formazioni della vegetazione mediterranea del Triestino. Il latice è
velenoso: molto irritante per le mucose, può scatenare reazioni
fotoallergiche. Il nome generico deriva da Euforbo, medico del Re Giuba
II di Mauritania (I sec. a.C. - I sec. d.C.), che secondo Plinio scoprì
l'euforbia e le sue proprietà; il nome specifico è quello di una euforbia
citata da Dioscoride; la sottospecie è dedicata a S. de Wulfen (1728-
1805), gesuita austriaco autore della 'Flora Norica'. Forma biologica:
nanofanerofita/fanerofita cespitosa. Periodo di fioritura: gennaio-maggio.
87
Piante non laticifere
88
88
Margine della foglia dentato o dentellato
89
88
Margine della foglia intero
101
89
Piante sempreverdi con foglie coriacee
90
89
Piante decidue con foglie non coriacee
92
90
Foglie più strette di 5 cm. Fiori unisessuali, senza petali. Frutto a ghianda
Quercus ilex L. subsp. ilex
Il leccio è l'albero mediterraneo per eccellenza, presente allo stato
spontaneo in tutte le regioni d'Italia salvo che in Valle d'Aosta, ma molto
più abbondante nell'Italia mediterranea. Nella nostra regione ha
distribuzione prealpico-carsica, ricordo di interglaciali caldi che ne hanno
favorito l'espansione verso nord; in Carso domina la macchia
mediterranea relitta su calcare tra Grignano a Duino, ma appare isolato
anche in Val Rosandra. È la specie dominante nei residui boschi di
sclerofille sempreverdi della macchia mediterranea, su suolo
preferibilmente acido; ai margini dell'areale cresce anche nei boschi
decidui o in habitat rupestri in siti caldo-aridi, su suoli calcarei primitivi e
ricchi in scheletro. Ha limitati impieghi artigianali, essendo il legno molto
duro e resistente alle alterazioni ma difficile da lavorare e stagionare;
viene comunque usato per oggetti sottoposti a forti sollecitazioni e usura,
come parti di attrezzi agricoli, pezzi per torchi, presse e imbarcazioni, ecc.
La corteccia è usata per la concia delle pelli, perché ricca in tannini. Le
ghiande sono impiegate nell'alimentazione dei maiali; un tempo venivano
usate anche dall'uomo, torrefatte, come surrogato del caffè. Il nome
generico, già in uso presso gli antichi, è di etimologia incerta, potrebbe
derivare da due parole celtiche, 'kaer' e 'quer' (bell'albero), cioè 'l'albero
per eccellenza'; secondo altri deriva dal greco, indicando il legno ruvido
delle piante di questo genere; il nome specifico, che forse deriva da una
radice celtica che significa 'punta', è quello dato dai Romani all'agrifoglio,
per la frequente presenza anche nel leccio di foglie subspinose. Forma