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I PRINCIPALI ELEMENTI
DELLA FLORA
La flora attuale dell’area di studio non è spiegabile
sulla sola base delle condizioni attuali: flora è vege-
tazione sono il risultato di eventi temporali com-
plessi, sia preistorici che storici. Gli eventi preisto-
rici più importanti sono le glaciazioni quaternarie,
che hanno determinato la formazione dell’odierno
paesaggio vegetale d’Europa. Durante il Pleistoce-
ne il clima subì diverse oscillazioni, con l’alternanza
di periodi glaciali e interglaciali. Nei periodi glaciali
le temperature medie erano più basse e i ghiacciai
si estendevano, in quelli interglaciali erano più alte
- anche più del periodo attuale - e i ghiacciai si riti-
ravano. L’Olocene in cui viviamo è considerato da
alcuni un periodo interglaciale. L’ultimo periodo
glaciale cominciò circa 120.000 anni fa e durò circa
110.000 anni. L’espansione dei ghiacciai fu piut-
tosto lenta: il culmine della glaciazione risale a ca.
18.000-20.000 anni fa. Il successivo ritiro dei ghiac-
ci fu invece rapido, ca. 10.000 anni fa. Al massimo
delle glaciazioni quasi tutta la Scandinavia era co-
perta da ghiacci che si estendevano sino all’odierna
Berlino. Tra “Berlino” e le Alpi dominava la tundra.
La flora preglaciale fu sterminata, ma alcune piante
riuscirono a sopravvivere in rifugi liberi dai ghiacci.
Alcuni di essi come la Beringia o le coste settentrio-
nali della Siberia occidentale (Lausi & Nimis 1997,
1998, Nimis
et al.
1995) si trovavano addirittura a
nord del Circolo Polare Artico, mentre altri si tro-
vavano a sud delle grandi calotte glaciali. Partendo
da questi rifugi molte piante hanno riconquistato in
tempi rapidissimi aree assai vaste, a volte compren-
denti tutta la zona boreale (Nimis 1989), altre in-
vece sono ancor oggi confinate alle vecchie aree ri-
fugiali. L’Italia peninsulare e la Penisola Balcanica,
che durante i massimi glaciali erano connesse dal
ritiro dell’Adriatico (un’enorme quantità d’acqua
era intrappolata nei ghiacciai), furono rifugi impor-
tantissimi per la nostra flora. Nel postglaciale molte
specie oggi legate ai boschi di latifoglie decidue si
sono espanse verso nord, a volte sino alla Scandina-
via meridionale, partendo dai rifugi meridionali. Le
Alpi erano solo parzialmente coperte dai ghiacci:
le catene meridionali esterne e i territori limitrofi
permisero la sopravvivenza di molte specie (Poldini
& Martini 1999).
Durante i massimi glaciali l’intera Conca di Sauris
era occupata da un grande ghiacciaio che aveva
persino scavalcato il Passo Pura a 1417 m con una
lingua che si gettava in un altro ghiacciaio che oc-
cupava la Valle del Tagliamento e che si spinse sino
a sud di Tricesimo. Le morene del ghiacciaio del
Passo Pura sono ancor oggi ben visibili proprio di
fronte al Rifugio Tita Piaz. I massicci più alti spun-
tavano invece dalla coltre dei ghiacci costituendo
importantissime aree di rifugio (chiamate spesso
con un termine norvegese:
Nunatakker
) per la flora
alpina preglaciale.
Le piante vascolari sinora note per l’area di studio
sono 1244 tra specie e sottospecie. É una biodiver-
sità molto alta, in termini sia quantitativi sia quali-
tativi. La biodiversità non si misura infatti sulla sola
base del numero di specie: una flora di 100 specie
diffuse in tutto il mondo ha una biodiversità qua-
litativamente minore di una con 100 specie ende-
miche. La flora dell’area di studio include molte
piante endemiche o a distribuzione ristretta e molte
altre diffuse su aree più vaste ma generalmente rare.
La Conca di Sauris con la sua corona di montagne
è riuscita a trattenere molti ricordi del passato: l’e-
scursione che ci entusiasma per la bellezza del pae-
saggio può farci spaziare dalle Alpi alle tundre arti-
che, dai Balcani all’Europa Centrale, dall’Adriatico
al Caucaso, dall’Europa ad altri continenti.
In questo libro non possiamo trattare a fondo la
biogeografia dell’area di studio: ci limiteremo alle
nozioni di base indispensabili per comprendere a
grandi tratti la genesi della flora.
Sulla Terra la vegetazione si organizza latitudi-
nalmente - dall’equatore ai poli - in
zone
cui local-
mente corrispondono le
fasce
altitudinali (a volte
infelicemente chiamate
piani
o
orizzonti
) con vege-
tazioni e flore più o meno simili. Zone e fasce si de-
finiscono in termini di vegetazione potenziale, quel-
la che dominerebbe senza l’intervento dell’uomo.
Pignatti (1980) ha descritto numerose fasce vegeta-
zionali per l’Italia, ma qui ci limitiamo a uno sche-
ma più semplice che distingue 5 zone in Europa
e le corrispondenti fasce nella nostra regione, che
vengono menzionate spesso nelle note alle specie.
Esse sono:
1) Zona artica
: tundre prive di alberi.
Fascia alpi-
na
, al di sopra del limite degli alberi. Nell’area
di studio la fascia alpina inizia a partire dai 1900
m circa, a seconda dell’esposizione dei versan-
ti. In questa fascia prevagono suoli piuttosto
primitivi, in cui l’influenza della roccia madre
è più forte. Esistono quindi notevoli differenze
floristiche tra le aree con substrati silicei e quel-
le con substrati calcareo-dolomitici.
2) Zona subartica
: formazioni aperte di conife-
re (taiga chiara).
Fascia subalpina
dei lariceti.
Nell’area di studio la fascia subalpina si svilup-
pa attorno ai 1800-1900 m circa, ed è domi-
nata dal larice (il pino cembro, a carattere più
continentale, è ristretto alle catene alpine più
interne). L’asssociazione più caratteristica è il
bosco aperto a larici e rododendri, nell’area di
studio spesso sostituito da pascoli.
3) Zona boreale
: foreste chiuse di conifere (taiga
scura).
Fascia oroboreale
delle peccete alpi-
ne. Nell’area di studio la fascia oroboreale si
sviluppa soprattutto nella porzione nordocci-
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