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Betula pubescens Ehrh.
La betulla pubescente è una specie originaria dell'Europa e dell'Asia set-
tentrionale, in Italia presente nelle regioni settentrionali (in particolare sulle
Alpi) tra i 500 e i 1800 m. La distribuzione regionale si concentra, con diverse
lacune, sul settore alpino propriamente detto (Alpi Carniche e Giulie), con
stazioni sparse sulle Prealpi; nell'area di studio è rara e confinata alle aree
con substrati silicei. Ha caratteristiche ecologiche molto simili a
B. pendula
,
rispetto alla quale ha una resistenza al freddo ancora maggiore, esige terre-
ni più acidi, resiste meglio all'umidità, il che le permette di formare boschi
palustri e colonizzare terreni torbosi e acquitrinosi. Il nome generico deriva
dal gallico 'boulease' o dal celtico 'betul', entrambi nomi dati alle betulle; il
nome specifico si riferisce alla fine peluria presente sui rami giovani e lungo
le nervature delle foglie. Forma biologica: fanerofita scaposa (fanerofita ce-
spugliosa). Periodo di fioritura: aprile-maggio.
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Foglie a base cuoriforme
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Foglie a base non cuoriforme
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Foglie un po' lucide di sopra. Fiori bianchi. Frutto carnoso
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Foglie opache di sopra. Fiori non bianchi. Frutto secco
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Rami spinosi all'apice. Frutto largo al massimo 4 cm. Pianta spontanea
Pyrus pyraster (L.) Burgsd.
Il pero comune deriva forse da incroci fra il pero selvatico europeo ed un
pero dell'Asia occidentale (
P. communis
subsp.
caucasica
). Le forme selvatiche
europee, che secondo alcuni autori non meritano nemmeno il rango infraspe-
cifico, crescono su suoli argillosi freschi, sciolti, ricchi in basi. Differiscono da
quelle coltivate per i frutti molto più piccoli ed i rami subspinosi, ma sembra
che non esistano differenze genetiche tali da giustificare la loro distinzione a
livello specifico. Nell'area di studio forme del genere sono confinate ai fon-
dovalle e non sono frequenti. Il nome generico deriva dal greco 'pyr, pyròs'
(fuoco, del fuoco), per la forma conica dei frutti. Forma biologica: fanerofita
scaposa. Periodo di fioritura: aprile-maggio.
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Rami non spinosi all'apice. Frutto largo più di 4 cm. Pianta coltivata
Pyrus communis L.
Il pero comune deriva forse da incroci fra il pero selvatico europeo ed un
pero dell'Asia occidentale (
P. communis
subsp.
caucasica
). Ampiamente col-
tivato in tutta Italia, compresa la nostra regione, sino alla fascia montana, è
sporadicamente inselvatichito nelle siepi che delimitano antiche proprietà.
Le forme selvatiche, che secondo alcuni autori non meritano nemmeno il
rango infraspecifico, crescono su suoli argillosi freschi, sciolti, ricchi in basi.
È una pianta abbastanza rustica che si adatta bene a tutti i tipi di terreno, pre-
dilige posizioni soleggiate e può vivere circa 200 anni. La potatura viene ef-
fettuata solo per migliorare la produttività, mentre non influisce sull'estetica.
Il legno, pesante, duro e compatto, viene usato nella costruzione di oggetti di
precisione come righelli o squadre. La coltivazione a scopo alimentare risale
a tempi antichissimi. Fu citato da Omero, mentre nelle Bucoliche Virgilio
sprona Melibeo a innestare i peri, dimostrando l'uso consolidato di questa
pratica. Dal XIX secolo sono state prodotte cultivar di qualità e oggi esistono
migliaia di varietà; i frutti possono essere consumati freschi, cotti e utilizzati
per fare marmellate. Il nome generico deriva dal greco 'pyr, pyròs' (fuoco, del fuoco), per la forma conica dei frutti. Forma biolo-
gica: fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: aprile-maggio.
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