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veniva usata di rado.
Il celebre medico italiano Pietro Andrea Mattioli (1501-1577), nella sua
traduzione commentata del
De Materia Medica
del greco Dioscoride (un vero e
proprio
bestseller
, come diremmo oggi, del XVI secolo, con più di 60 edizioni
e ristampe), descrive rimedi di origine prevalentemente vegetale. A proposito
dell’uva di volpe scrive: “Molti sostengono che, se ingerita, quest’uva induce
sonno. Personalmente non intendo sperimentarlo perché potrebbe provocare il
sonno eterno”.
Ha un fusto sotterraneo a sviluppo orizzontale e alla sommità del caule di 30
cm si trovano 4 foglie acuminate di forma ovale o obovata disposte a verticillo
che presentano un reticolo di nervature e sono lunghe fino a 10 cm. Ha un fiore singolo simmetrico e stellato. I tepali
esterni sono di colore verde, quelli interni sono giallastri. Il frutto è una bacca nero-bluastra grossa all’incirca 1 cm, che
contiene dei glicosidi saponinici ed è molto velenosa.
Con le foglie dal marcato reticolo di nervature ed i suoi fiori tetrametri, l’uva di volpe è una rara eccezione tra le
monocotiledoni.
È diffusa in generale in quasi tutta l’Europa, in Asia Minore e in Siberia. Prospera nei boschi ombreggiati e umidi di
tutta la Slovenia.
I numerosi nomi popolari sloveni (
črna bil, hudičevo oko, hudoglidje, kačja jagoda
…) richiamano l’attenzione sulla
sua tossicità.
La denominazione del genere Paris deriverebbe, secondo alcuni, dal latino
par
(= uguale) per la disposizione
simmetrica delle foglie verdi e delle parti del fiore, mentre secondo altri essa richiamerebbe Paride, il mitico principe di
Troia. La bacca blu rappresenterebbe la mela, e le quattro foglie le dee Era, Atena, Afrodite e lo stesso Paride.
Parnassia palustris
L. subsp.
palustris
- Gramigna di Parnasso
“Verso la fine dell’estate spuntano sui prati numerose
srčnice
, che sono
semplici ma estremamente ben costruite. Sembrano essere avvolte da un umore
poetico e gli amanti dei fiori le apprezzano in un modo speciale. Dalla rosetta
basale sbuca un fusto gracile con una sola foglia cuoriforme, nella parte
superiore si schiude solamente un fiore abbastanza grande a forma di stella e
bianco, che al sole profuma dolcemente”. La parnassia venne descritta in
questo modo poetico da Ferdinand Seidel nel 1918 nel suo libretto
Rastlinstvo
naših Alp
(La flora delle nostre Alpi).
Le foglie basali sono cuoriformi e lungamente picciolate. Il perianzio è doppio,
con cinque sepali e cinque petali, questi ultimi bianchi e di forma ovale;
l’interno del fiore ha cinque stami fertili e cinque stami trasformati in ghiandole nettarifere.
La distribuzione generale si estende nelle Alpi ma la specie cresce dalle montagne del Nord Africa alla Siberia. In
Slovenia possiamo trovarla nei prati umidi e nelle paludi, dalla pianura all’alta montagna.
Il nome latino deriva dalla residenza delle muse, il Monte Parnaso (2459 m). Prima che si affermasse la nomenclatura
binomiale di Carlo Linneo, questa pianta veniva chiamata
Gramen Parnassi
ovvero l’erba dal Parnaso. Non esistono
molti nomi popolari per questa pianta: Seidel la denominò
srčnica
, e fra gli altri nomi troviamo
enoperka, gospojšnica
e šmarnica
.
Nel 1992 Darinka Soban scrisse nella rivista
Proteus
a proposito della parnassia (il fiore che compare nel lavoro di
Ivan Tavčar
Cvetje v jeseni
- I fiori in autunno): “La stella bianca delle camicie di Cristo che splendeva sul petto di
Meta era composta dai petali bianchi della parnassia”. In una serie TV, Meta mise al petto non una parnassia ma un
colchico d’autunno viola! Eppure Ivan Tavčar scrisse chiaramente:
“Qualcosa di bianco fioriva nelle vicinanze”.
La parnassia non simboleggia l’autunno solo nel cerchio eterno della natura ma anche in un senso metaforico:
“Sono come questa cosa qua: fiorisce prima dell’inverno e poi cosa succede? Il fiore cade e non ne rimane niente...”
Physoplexis comosa
(L.) Schur - Raponzolo di roccia
“Il raponzolo di roccia è una delle piante più splendide della flora alpina.
Possiamo chiederci solo invano come possa un fiore di tale bellezza fiorire da
una roccia.” Così si esprimeva Tone Wraber nel lavoro di Luka Pintar
Fiori sul
territorio sloveno
.
Il raponzolo di roccia è un relitto della flora terziaria, nelle Alpi prosperava
infatti prima delle glaciazioni. In Slovenia cresce nelle fessure della roccia nella
fascia subalpina e alpina delle Alpi Giulie nella valle del Koritnica, sulle
pendici del Mangart, della Ruševa glava e della Loška stena, nella valle del
Možnica, nel Beli potok sotto i Kriški podi, nella valle di Vrata e sotto il monte
Stenar. L’unico sito nelle Caravanche si trova nella valle del torrente Belca
sotto il monte Kepa.
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