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decidue, su suoli limoso-argillosi profondi, freschi, umiferi, ricchi in basi e composti azotati, dalla fascia
submediterranea a quella montana. Le qualità alimentari della nocciola sono note fin dall'antichità: sono un
alimento energetico di grande valore e una preziosa fonte di vitamine e minerali. L'industria dolciaria utilizza
la farina di nocciole per la produzione di nocciolati, torroni e pasta di gianduia (creata quando Napoleone
bloccò l'importazione delle spezie e si verificò una penuria di cacao). L'alta capacità pollonifera ha favorito
la coltivazione del nocciolo come pianta ornamentale e da frutto. Il legno, ottimo combustibile, è utilizzato
anche per palerie. Il nome generico deriva dal greco 'koris' (elmo), e si riferisce alla forma dell'involucro
erbaceo che ricopre la nocciola; il nome specifico deriva da Avella, un centro campano nella provincia di
Avellino, noto sin dai tempi dei Romani per la produzione di nocciole. Forma biologica: fanerofita
cespugliosa. Periodo di fioritura: marzo-aprile.
Crataegus germanica
(L.) Kuntze
- Il nespolo comune è un arbusto-alberello deciduo a distribuzione
sudeuropeo-pontica (Europa sudorientale, Asia occidentale) presente in tutte le regioni d'Italia salvo che in
Calabria, ma di dubbio indigenato: è stato ampiamente coltivato sin dall'antichità e oggi è probabilmente
inselvatichito nei boschi di latifoglie su suoli subacidi (castagneti, querceti), con optimum nella fascia
submediterranea. I frutti sono commestibili e ricchi di vitamina C; di solito le nespole, raccolte dopo la prima
gelata autunnale, vengono fatte appassire al fresco e al buio finché la buccia diventa marrone e la polpa da
aspra diviene dolce. Il legno, molto duro, è usato per lavori al tornio. Scorza e foglie sono ricche di tannino e
si usavano per la concia delle pelli o come astringenti. Il nome generico deriva dal greco 'kratos' (forza,
robustezza), per il legno duro; quello specifico allude all'alta frequenza della pianta in Germania. Forma
biologica: fanerofita cespugliosa. Periodo di fioritura: maggio-giugno. Syn.:
Mespilus germanica
L.
Crataegus monogyna
Jacq.
- Il biancospino è un arbusto a distribuzione eurasiatico-sudeuropea presente in
tutte le regioni d'Italia. È uno dei principali costituenti di boscaglie, macchie e siepi, e appare in tutti gli stadi
dinamici della vegetazione legnosa, su suoli da carbonatici a debolmente acidi; colonizza persino le pietraie,
sia pur con esemplari rattrappiti e deformi, dal livello del mare alla fascia montana inferiore, con optimum
nella fascia submediterranea. Viene spesso utilizzato anche come pianta ornamentale per siepi e giardini,
apprezzata per la fioritura prolungata e profumata e per il colore vivace dei frutti che perdurano a lungo. Le
foglie e i frutti, commestibili ma insipidi, hanno proprietà officinali. Il legno di colore rossastro, duro e
compatto, viene impiegato per lavori al tornio e per la produzione di carbonella. Il nome generico deriva dal
greco 'kratos' (forza), antico nome comune della pianta, in riferimento alla durezza del legno; quello
specifico deriva dal greco 'mónos' (unico) e 'gyné' (femmina), per l'ovario monocarpellare. Forma biologica:
fanerofita cespugliosa. Periodo di fioritura: aprile-maggio.
Cupressus arizonica
Greene
- Il cipresso dell'Arizona è un albero originario delle montagne dell'Arizona e
del Messico; la presenza in Italia è documentata a partire dal 1892, ed è oggi presente come specie avventizia
in Umbria, Marche e Calabria. In passato è stato spesso impiegato a scopo ornamentale per la formazione di
alte siepi protettive, oggi si usa di meno a questo scopo, anche perché dopo alcuni anni di potatura dà segni
di seccume e sofferenza; è ancora molto frequente in parchi e giardini nella forma arborescente. Nelle zone
di origine le pigne (galbuli) rimangono chiuse per molti anni e si aprono liberando i semi soltanto quando la
pianta madre è stata colpita da shock termico causato da un incendio, il che favorisce la disseminazione in
ambienti liberi dalla concorrenza di altre specie. Il genere è il nome comune latino del cipresso, derivato dal
greco 'kypárissos', che origina da 'kuo' (io genero, produco germogli) e 'párisos' (simile, uguale), in
riferimento all'accrescimento simmetrico della pianta, oppure si riferisce a Kypros (Cipro), isola nella quale
il cipresso comune vive spontaneo; il nome specifico si riferisce a una delle aree di origine, l'Arizona. Forma
biologica: fanerofita scaposa.
Cupressus sempervirens
L.
- Il cipresso comune è un albero originario dell'Asia Minore e del Mediterraneo
orientale, da tempi antichissimi molto utilizzato in Italia sia a scopo ornamentale sia negli impianti di
rimboschimento, ma senza alcuna tendenza a spontaneizzarsi. Fu introdotto in Italia in tempi antichissimi,
forse dai Greci, e poi diffuso dagli Etruschi soprattutto in Umbria e in Toscana, dove ormai è divenuto una
parte importante ed essenziale del paesaggio colturale. In alcune isole dell'Egeo è possibile osservare questi
alberi crescere sulle coste rocciose a pochi metri dal mare (Isola di Scorpios). Pianta poco esigente dal punto
di vista della cura, può raggiungere una considerevole età. Tollera la siccità e si adatta a qualsiasi terreno, ma
è soggetto a malattie crittogamiche e a parassiti animali: il fungo
Coryneum cardinale
Wag. ha minacciato
l'esistenza dei cipressi italiani. Il cipresso è ampiamente coltivato per il suo portamento, che lo rende adatto
alla realizzazione di giardini all'italiana e alberature stradali, siepi frangivento e rimboschimenti. Le foglie, i
rami e le pigne hanno impiego officinale, dalla corteccia si ricava per distillazione un olio essenziale usato in