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è diffusa dal Carso al territorio montano, rara nella bassa pianura; in
Carso non è molto comune. Cresce in boschi maturi su suoli argillosi
piuttosto profondi, da moderatamente aridi a freschi, spesso decalcificati,
rifuggendo da ristagni d'acqua. Il legno, molto pregiato è simile a quello
della farnia, ma più denso; è utilizzato, nella fabbricazione di mobili,
nell'edilizia, per travature, parquet, nei cantieri navali e nella costruzione
di doghe per botti adatte per l'invecchiamento dei vini; ottimo
combustibile, è anche utilizzato per la produzione di carbone da legna. Il
nome generico, già in uso presso gli antichi, è di etimologia incerta,
potrebbe derivare da due parole celtiche, 'kaer' e 'quer' (bell'albero), cioè
'l'albero per eccellenza'; secondo altri deriva dal greco, indicando il legno
ruvido delle piante di questo genere. Forma biologica: fanerofita scaposa.
Periodo di fioritura: aprile-maggio.
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Foglie (almeno quelle più giovani) pelose sulla faccia inferiore. Rami giovani pelosi
Quercus pubescens Willd. subsp. pubescens
La roverella è un albero dell'Europa meridionale presente in tutte le
regioni d'Italia. La distribuzione regionale si estende dal Carso alla fascia
montana inferiore del Friuli, con ampie lacune nella bassa pianura
friulana ove è sostituita dalla farnia (
Q. robur
); in Carso è comune
ovunque. Cresce nei boschi termofili di latifoglie decidue, sia su calcare
che su arenarie ricche in basi, su suoli argillosi neutro-basici, subaridi
d'estate, con optimum nella fascia submediterranea. Il legno, grazie alla
durevolezza, trova impiego nella costruzione di traversine ferroviarie; in
passato veniva usato per travature, costruzioni navali, etc.; l'infuso della
corteccia e dei giovani rami era utilizzato nella medicina tradizionale
come astringente e febbrifugo. Le ghiande hanno avuto molti impieghi,
dall'alimentazione dei suini all'uso come surrogato del caffè. Il nome
generico, già in uso presso gli antichi, è di etimologia incerta, potrebbe
derivare da due parole celtiche, 'kaer' e 'quer' (bell'albero), cioè 'l'albero
per eccellenza'; secondo altri deriva dal greco, indicando il legno ruvido
delle piante di questo genere; quello specifico allude alla pelosità delle
foglie. Forma biologica: fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: aprile-
maggio.
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Pianta laticifera
Ficus carica L.
Il fico è una specie di origine mediterranea estesa all'Asia occidentale, da
noi di introduzione precolombiana come altre specie legnose di interesse
economico (
Castanea
,
Celtis
,
Juglans
). È presente in tutta Italia,
spontaneo o coltivato, dal livello del mare agli 800 m, anche come
piccolo arbusto su muri ed in stazioni rupestri soleggiate. Le
infruttescenze sono costituite da numerosi acheni (i veri frutti) dentro
un'urna (il sicono ingrossato) esternamente verde o violetta; nel fico
selvatico maturano in tre epoche diverse: 1) i profichi (o fichi fiori),
sviluppantisi dalle gemme dell'anno precedente e maturanti a giugno-
luglio, con fiori maschili e femminili gallicoli brevistili; 2) i forniti (o
mammoni o fichi propriamente detti), sviluppantisi nell'annata e
maturanti in agosto-settembre con fiori sia maschili (pochi) che fiori
femminili brevistili e longistili; 3) i cratiri (o mamme o fichi tardivi), che
si formano in autunno e svernano maturando nella primavera seguente,
con soli fiori femminili gallicoli. La formazione e maturazione dei frutti
del fico selvatico (o caprifico) è possibile solo se avviene la fecondazione
da parte di un insetto, la
Blastophaga psenes
. Nei cratiri in autunno le
femmine depongono le uova entro gli ovari brevistili, trasformandoli in
galle, da cui alla fine dell'aprile successivo si sviluppa la prima
generazione; le femmine fecondate escono e penetrano nei profichi,
deponendo le uova nei fiori gallicoli e dando così origine alla seconda
generazione di insetti, i quali, dopo circa due mesi, uscendo e caricandosi
di polline, entrano nei forniti e li fecondano, facendoli maturare. Anche i
frutti del fico domestico si evolvono e vengono fecondati dalle femmine
dei pronubi, ma, avendo soltanto fiori longistili, non consentono
l'ovodeposizione. Esistono anche varietà partenocarpiche autofecondanti,
che non necessitano della così detta 'caprificazione', cioè della vicinanza
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