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Foglie con ciuffi di peli biancastri alla confluenza dei nervi principali. Frutto con 5 coste
longitudinali
Tilia platyphyllos Scop. s.l.
Il tiglio nostrano è un albero sudeuropeo-subatlantico presente allo stato
spontaneo in tutte le regioni d'Italia, salvo che in Sardegna, sino alla
fascia montana. Sui Colli Euganei è diffuso da nord a sud, ma in stazioni
molto localizzate ed isolate. Cresce nei boschi freschi di latifoglie decidue
su suoli argillosi profondi, piuttosto ricchi in basi e composti azotati. I
fiori e le brattee sono usati in erboristeria per la preparazione di tisane
calmanti ed emollienti. Il legno è usato per lavori di falegnameria e
tornitura. I Romani utilizzavano la corteccia, tagliata in strisce, seccata e
successivamente macerata, per ricavarne delle fibre usate nella
fabbricazione di corde, tessuti e nella preparazione delle 'vincula tiliae',
bende per fasciare le ferite. È un albero longevo che può vivere fino a
1500 anni. Il nome generico, già in uso presso i Romani, deriva dal greco
'ptilon' (ala), in riferimento alla brattea del peduncolo fruttifero che funge
da ala durante la disseminazione facilitata dal vento; il nome specifico
deriva dal greco 'platys' (largo) e 'phyllon' (foglia). Forma biologica:
fanerofita scaposa (fanerofita cespitosa). Periodo di fioritura: maggio-
giugno.
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Foglie con ciuffi di peli ferruginei alla confluenza dei nervi principali di sotto. Frutto
subsferico, con coste indistinte
Tilia cordata Mill.
Il tiglio selvatico è un albero europeo presente in tutte le regioni dell'Italia
continentale salvo che in Puglia e forse in Umbria. Sui Colli Euganei
sono presenti alcune rare popolazioni spontanee sopra Este, sul M.
Madonna e nel gruppo del M. Ceva. Cresce nei boschi freschi di latifoglie
decidue su suoli limoso-argillosi profondi, ricchi in basi, spesso alla base
di pendii esposti a nord. I fiori e le brattee sono usati in erboristeria per la
preparazione di tisane calmanti ed emollienti. Oggi i tigli (spesso in
varietà ibridogene) riempiono gli spazi di verde ritagliati nelle nostre
città, poiché resistono bene all'inquinamento atmosferico. I Romani
utilizzavano la corteccia, tagliata in strisce, seccata e successivamente
macerata, per ricavarne delle fibre usate nella fabbricazione di corde,
tessuti e nella preparazione delle 'vincula tiliae', bende per fasciare le
ferite. È una specie molto longeva, che può vivere anche più di 1000 anni.
Il nome generico, già in uso presso i Romani, deriva dal greco 'ptilon'
(ala), in riferimento alla brattea del peduncolo fruttifero che funge da ala
durante la disseminazione facilitata dal vento; quello specifico significa
'cuoriforme' ed allude alla forma delle foglie. Forma biologica: fanerofita
cespitosa/fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: maggio-giugno.
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Foglie con picciolo coperto di peli ghiandolari. Frutto secco (nocciola)
Corylus avellana L.
Il nocciolo è una specie europea con tendenza subatlantico-
submediterranea presente in tutta Italia dalla fascia submediterranea a
quella montana. Sui Colli Euganei è ampiamente diffuso. Cresce nelle
radure e nei mantelli di boschi di latifoglie decidue, su suoli limoso-
argillosi profondi, freschi, umiferi, ricchi in basi e composti azotati. Le
qualità alimentari della nocciola sono note fin dall'antichità: sono un
alimento energetico di grande valore e una preziosa fonte di vitamine e
minerali. L'industria dolciaria utilizza la farina di nocciole per la
produzione di nocciolati, torroni e pasta di gianduia (creata quando
Napoleone bloccò l'importazione delle spezie e si verificò una penuria di
cacao). L'alta capacità pollonifera ha favorito la coltivazione come pianta
ornamentale e da frutto. Il legno, ottimo combustibile, è utilizzato anche
per palerie. Il nome generico deriva dal greco 'koris' (elmo), e allude alla
forma dell'involucro erbaceo che ricopre la nocciola; il nome specifico
deriva da Avella, un centro campano nella provincia di Avellino, noto fin
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