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all'inquinamento atmosferico. I Romani utilizzavano la corteccia, tagliata in
strisce, seccata e successivamente macerata, per ricavarne delle fibre usate
nella fabbricazione di corde, tessuti e nella preparazione delle 'vincula
tiliae', bende per fasciare le ferite. È una specie molto longeva, che può
vivere anche più di 1000 anni. Il nome generico, già in uso presso i
Romani, deriva dal greco 'ptilon' (ala), in riferimento alla brattea del
peduncolo fruttifero che funge da ala durante la disseminazione facilitata
dal vento; quello specifico significa 'cuoriforme' ed allude alla forma delle
foglie. Forma biologica: fanerofita cespitosa/fanerofita scaposa. Periodo di
fioritura: maggio-giugno.
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Foglie doppiamente dentate. Picciolo coperto di peli ghiandolari (lente!). Frutto una noce
avvolta da un tubo erbaceo (nocciola)
Corylus avellana L.
Il nocciolo è una specie europea con tendenza subatlantico-
submediterranea presente in tutta Italia dalla fascia submediterranea a
quella montana. È diffuso in tutta la nostra regione sino alla fascia
montana; in Carso è comune solo nei boschi di dolina e nei loro mantelli, in
cui è spesso dominante. Cresce nelle radure e nei mantelli di boschi di
latifoglie decidue, su suoli limoso-argillosi profondi, freschi, umiferi, ricchi
in basi e composti azotati. Le qualità alimentari della nocciola sono note fin
dall'antichità: sono un alimento energetico di grande valore e una preziosa
fonte di vitamine e minerali. L'industria dolciaria utilizza la farina di
nocciole per la produzione di nocciolati, torroni e pasta di gianduia (creata
quando Napoleone bloccò l'importazione delle spezie e si verificò una
penuria di cacao). L'alta capacità pollonifera ha favorito la coltivazione
come pianta ornamentale e da frutto. Il legno, ottimo combustibile, è
utilizzato anche per palerie. Il nome generico deriva dal greco 'koris'
(elmo), e allude alla forma dell'involucro erbaceo che ricopre la nocciola; il
nome specifico deriva da Avella, un centro campano nella provincia di
Avellino, noto fin dai tempi dei Romani per la produzione di nocciole.
Forma biologica: fanerofita cespitosa. Periodo di fioritura: marzo-aprile.
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Foglie semplicemente dentate. Picciolo senza peli
ghiandolari. Frutto diverso
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Foglie solitamente più larghe di 4 cm. Fiori senza petali. Frutto a mora
Morus alba L.
Il gelso bianco, originario dell'Asia orientale, è stato introdotto in Europa
probabilmente nel XII secolo per l'allevamento del baco da seta che lo
preferisce al gelso nero. La presenza in Italia è documentata dal 1434. È
ampiamente coltivato nella zona submediterranea, ed è segnalato come
specie avventizia in quasi tutta Italia. Nella nostra regione è molto diffuso
dalla costa ai fondovalle anche perché un tempo era coltivato come cibo
per il baco da seta. Cresce in filari, siepi, ai margini degli abitati. Il frutto è
un sorosio, composto di piccole drupe bianco-rosate, dolci già prima della
maturità, anche se quasi mai appare sul mercato per la sua breve durata. Il
nome generico è quello utilizzato dagli antichi Romani per indicare il gelso
nero, pianta da loro già conosciuta perché originaria dell'Asia Minore;
deriva a sua volta dal greco antico 'meros' (parte), in riferimento
all'infruttescenza formata da tanti piccoli frutti con involucro carnoso; il
nome specifico deriva dal latino 'albus' (bianco) e si riferisce sempre ai
frutti ma questa volta al loro colore prevalente (esistono anche forme a
frutti rosa o violetti, che possono generare confusione col gelso nero).
Forma biologica: fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: aprile-maggio.
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Foglie solitamente più strette di 4 cm. Fiori con petali. Frutto diverso da una mora
Prunus mahaleb L. s.l.
Il ciliegio canino è un arbusto submediterraneo presente in quasi tutta
Italia, salvo che in Sardegna, dal livello del mare agli 800 m circa (ma in
Sicilia arriva fino ai 1900 m). Nella nostra regione è diffuso dal Carso alle
Prealpi con qualche stazione sui versanti meridionali delle Alpi; in Carso,
ove sembra esserci solo la subsp.
fiumana
, è comune ovunque ed
abbondante presso la costa. Cresce in boschi radi, macchie, siepi, nei
mantelli di boschi termofili, anche pioniero su suoli di solito calcarei e
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