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duro e resistente all’acqua, motivo per cui viene largamente utilizzato in
falegnameria. I dolci frutti aggregati in un’infruttescenza a forma di mora
sono commestibili, anche se quasi mai appaiono sul mercato per la loro
breve durata. Il nome generico è quello utilizzato dagli antichi Romani
per indicare il gelso nero, pianta da loro già conosciuta perché originaria
dell’Asia Minore; l’epiteto specifico deriva dal latino “albus” (bianco) e
si riferisce sempre ai frutti, ma questa volta alla loro colorazione, sebbene
esistano varianti rosa, violette o nerastre, che possono generare
confusione col gelso nero (la differenza principale tra le due specie sta
nelle foglie: più spesse, opaco-rugose e con margine regolarmente crenato
nel gelso nero). Forma biologica: fanerofita scaposa. Periodo di fioritura:
aprile-maggio.
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Picciolo più lungo di 4 cm. Scorza desquamantesi in larghe placche. Frutto secco
Platanus hispanica Mill. ex Münchh.
Il platano comune (sinonimi:
Platanus acerifolia
(Aiton) Willd.,
P.
hybrida
Brot.) è un ibrido fertile, generatosi spontaneamente tra individui
coltivati di platano orientale (
P. orientalis
), originario del sud-est
dell’Europa-Asia Minore e platano occidentale (
P. occidentalis
),
originario del Nordamerica e introdotto in Europa a partire dal XVI
secolo. In Italia è stato ampiamente utilizzato nel giardino di stile francese
(età napoleonica) e per l’arredo verde di piazze e viali, dal livello del
mare fino a circa 800 m di quota. Si tratta infatti di un albero longevo,
frugale, adatto a vari tipi di terreno in condizioni di buona disponibilità
idrica, resistente all’inquinamento e alle potature. A partire dagli anni ‘70
del ‘900, una grave malattia fungina, il cancro colorato del platano, ha
compromesso il patrimonio platanicolo delle città italiane e la specie è ora
meno utilizzata per tale motivo. Il legno, di grana fine e colore dal
rossiccio al bruno, viene impiegato per lavori al tornio e impiallacciati. Il
nome generico deriva dal greco “platýs” (largo), in riferimento alla
chioma ampia e tabulare dei vecchi individui; l’epiteto specifico allude
alla Spagna, dove l’ibrido fu osservato per la prima volta (XVII secolo) in
un sito nel quale le due specie parentali erano state piantate insieme.
Forma biologica: fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: aprile-giugno.
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Foglie a margine intero
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Foglie a margine dentato o seghettato
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Foglie almeno 2 volte più lunghe che larghe e più lunghe di 10 cm. Fiori più stretti di 1
cm. Fusti erbacei (non è una pianta legnosa!)
Phytolacca americana L.
La cremesina (o uva turca), immortalata da Alessandro Manzoni nei
Promessi Sposi (cap. XXXIII, la vigna di Renzo), è una neofita invasiva,
originaria, come suggerisce il nome, del Nord America, inizialmente
coltivata in Europa meridionale come pianta da giardino e oggi
largamente naturalizzata in tutta Italia. Cresce su terreni incolti, in campi,
giardini, margini di strade, rive dei corsi d’acqua, massicciate ferroviarie,
ambienti ruderali, su suoli freschi e ricchi di humus, al di sotto della
fascia montana inferiore. In primavera viene raccolta per il consumo dei
giovani germogli, pratica del tutto sconsigliabile in quanto la pianta
crescendo diventa tossica, sebbene al tempo stesso di interesse medicinale
per la presenza di antinfiammatori, proteine antivirali e molecole che
influenzano la divisione cellulare; il succo dei frutti nel passato era
impiegato come colorante per il vino e l’industria dolciaria, uso oggi
sconsigliato perché, come il resto della pianta, ha proprietà lassative. La
radice, bianca e carnosa, è particolarmente tossica per un elevato
contenuto in saponosidi ed è spesso causa di avvelenamenti, anche gravi,
fra gli incauti raccoglitori che la scambiano per rafano. Il nome generico
deriva dal greco “phytón” (pianta) e dall’indi “lakh” (colorante estratto da
un insetto), con riferimento alla tinta violacea del succo delle bacche.
Forma biologica: geofita rizomatosa. Periodo di fioritura: luglio-ottobre.
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