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fruste e, un tempo, bastoni da passeggio chiamati, appunto, “bagole” (dal
latino “baculae”). In alcune aree del Mediterraneo con i nòccioli delle
drupe si costruivano rosari, oggi rimpiazzati da quelli di
Melia azedarach
(più grossi e più facili da lavorare), da cui il nome locale di “albero dei
rosari”. I frutti maturi sono commestibili e gradevoli, sebbene piuttosto
scarsi di pericarpo, e costituiscono un alimento ambitissimo dagli uccelli,
disseminatori principali della specie. Il nome generico era quello di un
albero non meglio definito presso i Greci antichi, quello specifico in
latino significa meridionale. Forma biologica: fanerofita scaposa. Periodo
di fioritura: aprile-maggio.
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Base della foglia con un solo nervo principale. Frutto
secco, appiattito, alato
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Foglie larghe, con denti molto evidenti. Fiori e frutti su peduncoli lunghi sino a 2 cm.
Frutti cigliati al margine
Ulmus laevis Pall.
L’olmo cigliato, detto anche olmo bianco, è una specie originaria
dell’Europa centrale, orientale e sudorientale. In Italia fu introdotto come
albero ornamentale, per cui è oggi ampiamente coltivato al centro-nord
nei parchi e nei giardini di tipo pubblico e privato. Allo stato spontaneo è
segnalato come esotica casuale e naturalizzata in diverse località della
Lombardia, ma questo vale probabilmente anche per altre regioni del
centro-nord. Al Castello Sforzesco è presente presso la sommità del
Rivellino. Il nome generico era già in uso presso i Romani; quello
specifico significa “liscio”, con riferimento alla pagina superiore delle
foglie che in questa specie è liscia a differenza di quella scabra degli olmi
autoctoni (
Ulmus minor, U. glabra
). La qualifica di “cigliato” allude alle
vistose ciglia che circondano l’ala del frutto (samara), agevolandone il
trasporto per mezzo del vento. Forma biologica: fanerofita
cespitosa/fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: marzo-aprile.
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Foglie più strette, con denti brevi. Fiori e frutti subsessili. Frutti non cigliati al margine
Ulmus minor Mill. subsp. minor
L’olmo comune (o campestre) è un albero autoctono dell’Europa
meridionale. Cresce dal livello del mare alla fascia montana inferiore, in
boschi, boscaglie e siepi su suoli argillosi ricchi in basi e in composti
azotati, da freschi a periodicamente sommersi, potendo vivere fino a circa
500 anni. È una specie piuttosto variabile riguardo alla pelosità dei
giovani rametti, dei piccioli e della pagina inferiore delle foglie, che nei
popolamenti dell’Italia meridionale diventa particolarmente consistente;
tali differenze, tuttavia, rientrano nei limiti della normale diversità
popolazionale e non hanno riscontro tassonomico. Il legno, bruno-
marrone, è molto robusto, duro e resistente alla trazione e alla
compressione; viene utilizzato per articoli sportivi, sedie, parquet ecc. È
anche molto resistente all’immersione in acqua prolungata. In passato la
scorza, ricca di tannini e sostanze coloranti, veniva impiegata per tingere
di giallo le lane e le conce speciali. Negli ultimi decenni sia l’olmo
comune, sia l’olmo montano (
Ulmus glabra
), l’altra specie autoctona del
nostro territorio, sono stati colpiti da una grave malattia ricorrente, assai
difficile da prevenire, la grafiosi, causata dal fungo ascomicete
Ceratocystis ulmi
; il micelio di questo fungo, veicolato da coleotteri
Scolitidi che scavano gallerie tra il legno e la corteccia, provoca la
chiusura dei vasi conduttori e quindi il disseccamento della pianta. Al
Castello Sforzesco è presente soprattutto presso la sommità del Rivellino.
Il nome generico era già in uso presso i Romani, quello specifico allude
alle minori dimensioni delle foglie rispetto a quelle dell’olmo montano.
Forma biologica: fanerofita cespitosa/fanerofita scaposa. Periodo di
fioritura: febbraio-marzo.
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Foglie disposte in verticilli (più di 2 foglie originanti dallo
stesso punto del fusto)
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Foglie non verticillate (opposte, alterne, o tutte disposte
alla base del fusto)
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