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Fusti e foglie con peli uncinati, quindi scabri al tatto. Pianta annua
Galium aparine L.
L’attaccavesti (o attaccamano) è una specie eurasiatica oggi divenuta
cosmopolita nelle zone temperate, presente in tutta Italia dal livello del
mare alla fascia montana. Cresce in vegetazioni ruderali, ai margini di
siepi e di boschetti disturbati e nei coltivi, soprattutto in siti caldi e
asciutti ove forma spesso densi intrichi, su suoli ricchi in composti
azotati. La pianta è commestibile previa cottura (ovviamente da non
raccogliere, a causa del forte inquinamento, al Castello Sforzesco e nelle
aree urbane) ed è ancor oggi utilizzata in erboristeria per diverse proprietà
medicinali. Il nome generico deriva dal greco “gála” (latte) cui allude
anche quello italiano “caglio”: diverse specie venivano usate per far
cagliare il latte nella lavorazione del formaggio; l’epiteto specifico, già in
uso presso gli antichi Greci, deriva dal verbo “aparéin” (agganciarsi)
alludendo ai dentelli ricurvi presenti su fusti, foglie e frutti, che si
agganciano facilmente ai vestiti o al vello degli animali. Forma biologica:
terofita scaposa. Periodo di fioritura: marzo-settembre.
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Fusti e foglie senza peli uncinati, quindi non scabri al tatto. Pianta perenne
Galium mollugo L. subsp. mollugo
Il caglio mollùgine è una specie eurasiatica di clima suboceanico presente
con due sottospecie in tutte le regioni d’Italia salvo che in Sicilia. Cresce
in prati pingui, a volte ai margini di boschetti e siepi, più raramente in
ambienti ruderali, su suoli limoso-argillosi freschi ma a volte subaridi
d’estate, abbastanza ricchi in basi e composti azotati, da neutri a subacidi;
vegeta dal livello del mare alla fascia montana. Le foglie giovani sono
commestibili previa cottura (ovviamente da non raccogliere, a causa del
forte inquinamento, al Castello Sforzesco e nelle aree urbane). Il nome
generico deriva dal greco “gála” (latte) cui allude anche quello italiano
“caglio”: diverse specie venivano usate per far cagliare il latte nella
lavorazione del formaggio. L’epiteto specifico si ritrova anche nel nome
generico di un’altra pianta erbacea,
Mollugo verticillata
(
Molluginaceae
),
della quale intende appunto richiamare la somiglianza (foglie verticillate);
Linneo aveva ricavato il nome dall’aggettivo latino “mollis” (molle,
tenero) per descrivere la consistenza caratteristica di quest’ultima specie.
Forma biologica: emicriptofita scaposa. Periodo di fioritura: giugno-
agosto.
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Foglie succulente, spesse e carnose
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Foglie non carnose
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Foglie appiattite, la maggior parte opposte. Fiori gialli. Fusti prostrati
Portulaca oleracea L. s.l.
La porcellana comune è una “specie” polimorfa comprendente diverse
microspecie a distribuzione generale eurimediterranea oggi divenuta
cosmopolita nelle zone temperato-calde, presente in tutta Italia dal livello
del mare ai 1700 m circa. Nell’area del Castello Sforzersco sono presenti
2 microspecie (osservate sulle mura all’esterno del Castello, a sinistra
rispetto alla Torre del Filarete):
Portulaca nitida
e
P. papillatostellulata
,
che si distinguono solo per caratteri microscopici inerenti il tegumento dei
semi (testa). Cresce in vegetazioni pioniere lacunose, in coltivi
abbandonati, ai margini di campi e strade, in spigoli e fessure dei
marciapiedi, orti e incolti, nelle discontinuità dei selciati, in discariche,
giardini, vigneti, su suoli sabbioso-argillosi subneutri, aridi d’estate,
ricchi in composti azotati. Le giovani foglie sono commestibili crude
(ovviamente da non raccogliere, a causa del forte inquinamento, al
Castello e nelle aree urbane). Il nome del genere, già citato in Varrone e
Columella, deriva dal latino “portula” (piccola porta), in riferimento al
coperchietto (opercolo) del frutto (pissidio), il cui distacco libera i semi
maturi; l’epiteto specifico, dal latino “ōlus” (plur. “olĕra”) cioè ortaggio,
allude all’uso alimentare della pianta. Forma biologica: terofita scaposa.
Periodo di fioritura: giugno-agosto.