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umiferi, ricchi in composti azotati. Una singola pianta è capace di
produrre più di 500.000 semi, che sono attaccaticci e quindi facilmente
dispersi dagli animali. Veniva utilizzata per curare le ferite (emostatico) e
le foglie giovani sono commestibili; ovviamente da non raccogliere, a
causa del forte inquinamento, al Castello Sforzesco e nelle aree urbane. Il
nome generico deriva dal latino “capsa”, cioè contenitore
(originariamente per papiri), cofanetto e, tardivamente, cassa; quello
specifico allude alla somiglianza dei frutti (a forma di piccolo cuore) con
delle piccole bisacce. Forma biologica: emicriptofita bienne. Periodo di
fioritura: marzo-ottobre.
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Fusti striscianti, Frutto a contorno non triangolare, più largo che lungo
Lepidium didymum L.
La lappolina americana (sinonimo:
Coronopus didymus
(L.) Sm.) è una
specie di origine statunitense, oggi divenuta cosmopolita; è giunta in Italia
alla fine del XVIII secolo e fu per la prima volta raccolta in Lombardia
nel 1914. Oggi è presente come casuale o naturalizzata in quasi tutto il
territorio, dal livello del mare alla fascia montana inferiore, senza arrecare
alcun danno alla diversità naturale o d’altro genere (è una pioniera non
competitiva). Cresce in vegetazioni ruderali soggette a calpestio, su
marciapiedi, lungo margini stradali, in piazze lastricate, su suoli da
primitivi a limoso-argillosi e piuttosto umiferi, freschi, ricchi in composti
azotati. Il nome generico deriva dal greco “lepídion” (squametta), per la
forma appiattita con ala marginale, caratteristica dei frutti di altre specie
del medesimo genere (per es.
L. ruderale, L. virginicum
ecc.); l’epiteto
specifico, dal greco “dídymos” (doppio, gemello) allude alle due metà
globose del frutto, separate tra loro da una strozzatura verticale (setto).
Forma biologica: terofita reptante. Periodo di fioritura: marzo-giugno.
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Fiori verdastri o brunastri, senza petali
98
97
Fiori colorati, con petali
121
98
Foglie tutte disposte in rosetta alla base del fusto (fusti
fioriferi nudi). Fiori con 4 tepali brunastri e 2 stami,
disposti in spighe
99
98
Foglie presenti anche sui fusti. Fiori di aspetto diverso
100
99
Foglie meno di 4 volte più lunghe che larghe
Plantago major L. subsp. major
La piantaggine maggiore, a Milano nota come “urecc d’asin”, è una
specie eurosiberiana, oggi divenuta cosmopolita, presente in tutta Italia
dal livello del mare sino alla fascia montana superiore. È tipica di tappeti
erbosi, calpestii e vegetazioni erbacee seminaturali, su suoli limoso-
argillosi abbastanza freschi in profondità e ricchi in composti azotati. Per
la presenza di aucubina la pianta è efficace contro le punture degli insetti.
Le foglie giovani (come in diverse altre specie di
Plantago
) sono
commestibili in insalata; ovviamente da non raccogliere, a causa del forte
inquinamento, al Castello Sforzesco e nelle aree urbane. Comune tra i
lastricati e nei tappeti erbosi del Castello. Il nome generico deriva dal
latino “planta” (pianta dei piedi): le specie più comuni crescono “sotto la
pianta dei piedi”, cioè in ambienti calpestati. Forma biologica:
emicriptofita rosulata. Periodo di fioritura: maggio-settembre.
99
Foglie almeno 4 volte più lunghe che larghe
Plantago lanceolata L.
La piantaggine minore (conosciuta con diversi altri nomi, tra i quali
lingua di cane) è una specie eurasiatica presente in tutta Italia dal livello
del mare alla fascia montana. Cresce in tappeti erbosi e vegetazioni
erbacee seminaturali, nei prati da sfalcio, ma anche lungo le strade e nei
coltivi, su suoli limoso-argillosi piuttosto profondi, ricchi in composti
azotati. Per la presenza di aucubina la pianta è efficace contro le punture
degli insetti. Comune in tutti i tappeti erbosi del Castello Sforzesco. Il
nome generico deriva dal latino “planta” (pianta dei piedi): le specie più
comuni crescono “sotto la pianta dei piedi”, cioè in ambienti calpestati,